INCONTRO CON IL REGISTA

PAOLO ANGELINI

Con "Paris, dabar" ho raccontato persone che ho immaginato di conoscere ed è finita che le ho conosciute davvero.
Il film racconta una strada e i personaggi che la percorrono e la vivono quotidianamente. Una strada storicamente popolare più o meno nel cuore di una città: in ogni centro urbano esiste un posto del genere, una specie di frontiera anarchica che resiste senza fare barricate, vissuta da persone all’apparenza singolari ma che di fatto stanno lì come chiunque altrove. La gara alcolica è stata un’idea per raccontarli, un pretesto che ha messo tutti d’accordo. Così ho deciso di fare il film.

L'idea nasce da una mia vecchia sceneggiatura intitolata "La strada senza luna", le cui vicende si svolgevano interamente nel quartiere del Pratello a Bologna. Bocciata per il finanziamento statale e accantonata l'idea di realizzarne un film, con alcuni amici abbiamo pensato di trasformarla in qualcosa di completamente diverso. Io e Guido Cristini (alias "il trippo") abbiamo riscritto la sceneggiatura e l'abbiamo presentata ad Andrea Gropplero della Pidgin. Il passaparola ha fatto il resto, e nel giro di poche settimane alla Pidgin si sono riversate decine di persone provenienti da ambienti diversi, soprattutto dal DAMS: si rendevano tutti disponibili a contribuire al nostro film. Alla fine eravamo un esercito. Durante le tre settimane di riprese il Pratello si è trasformato in un circo: oltre alla moltitudine dei collaboratori, ogni giorno andavano infittendosi le fila dei curiosi finché, il giorno della gara, la cosa aveva assunto proporzioni impensabili. Gli spettatori erano più di un migliaio e per strada si muoveva una troupe di oltre cinquanta persone, con dieci operatori, dieci assistenti alla regia, tre aiuti, due fonici e una miriade di altri collaboratori: un film così non si sarebbe mai potuto realizzare con una produzione normale; era una situazione irreale, ma ha funzionato. E' stata un’avventura divertente e insieme una scommessa...

La troupe inizialmente non voleva lavorare al Pratello, ma oggi molti dei ragazzi che hanno contribuito alla realizzazione del film sono assidui frequentatori del quartiere. La cosa più difficile è stata convincere gli attori a recitare in quelle condizioni: giorno dopo giorno i tempi sono andati allungandosi e si girava anche dodici ore di seguito. Più che la lavorazione di un film, sembrava un happening: si mangiava tutti insieme, frequentando sempre gli stessi posti. Un po' alla volta le riprese sono diventate un'abitudine, e i nostri incontri una festa. La sera della gara tutti bevevano in continuazione e alle 23.30 al Pratello non c'era più un bar che potesse servire qualcosa di alcolico! Sembrava un'orgia d'altri tempi. L'odore del vino era ovunque...

Al montaggio ci siamo ritrovati con settanta ore di girato. Un lavoro duro. Io e Michele D'Attanasio abbiamo impiegato tre mesi per chiudere il film. Dopo questa esperienza, a parte l’esito, mi sento di dire che non c’è un modo per fare un film e nemmeno che ci sono dei formati che fanno il film, l’importante e seguire la storia rimanendo attaccati ai personaggi quanto più è possibile, a costo di eliminare quegli impedimenti tecnici (lampade e tutto il resto) che intralciano l’azione spontanea dell’attore.

Questo, per me, non dovrebbe essere un film solo per cinefili underground, ma per famiglie che escono di casa e nonostante lo smog vanno al cinema e si prendono una bella boccata d’aria. I personaggi si interrogano tutto il tempo sul valore di sè stessi, e lo fanno con lunghi monologhi o in relazione con altri. Le loro domande non trovano mai una risposta univoca e definitiva.
Il film è proprio questa risposta, che si dilata e si trasforma nel corso della gara. Quello delle certezze e della consapevolezza in fondo è un desiderio comune. Si può dire che loro, come chiunque, raggiungono questo traguardo in ogni momento, ma anche che ogni momento è un traguardo diverso.
Ho cercato quindi di descrivere un ordine generale, utilizzando una struttura che è quasi matematica. Mi sono divertito a pensare che il cerchio dentro il quale si muovono i personaggi – che dall’alto sembra un punto – sia un centro perfetto. Così ho costruito questa struttura, cercando di realizzare un film "falso fino in fondo" per giocare anche con il pubblico, invitandolo a guardare con gli occhi di chi sta per strada, in quella strada lì, il Pratello.
Ho pensato un bel po’ alla struttura proprio perchè è importante, non solo per ordinare il mosaico di queste vite minime e anonime, ma soprattutto perché in tutto il loro casino, che è assolutamente condivisibile, l'ordine è proprio il cerchio che le contiene.

Paolo Angelini
IL FILM

Regia: Paolo Angelini

Interpreti: Roberto Bozzetti, Osvaldo Caracciolo, Guido Cristini, Maria Letizia Caciagli, Mario Gatti, Leonardo Piceller, Antonio Roma, Gabriella Sportelli, Michele Vietri, Michele Zaniboni.

Soggetto: Paolo Angelini

Sceneggiatura: Paolo Angelini con la collaborazione con Guido Cristini, Osvaldo Caracciolo e Barbara Francesca Serofilli

Fotografia: Cristian Alberini, Michele Consolo

Scene e Costumi: Beatrice di Lallo

Musica: Gaetano Pellino

Suono: Michele D'Attanasio, Renate Anita Kerner

Montaggio: Michele D'Attanasio

Produzione: PIDGIN di Andrea Gropplero di Troppenburg

Paese: Italia  Anno: 2001

Durata: 90'

Distribuzione: Verdecchifilm (2003)

Sito ufficiale: www.parisdabar.com