IL CINEMA E LA PITTURA
Robert Bresson: "Il cinema non deve esprimersi per immagini, ma attraverso rapporti di immagini. Così come un pittore non si esprime per colori ma attraverso rapporti di colore.
Cinema e pittura,con questo evento si intende porre l'attenzione sulla forte presenza dell'immagine pittorica come componente essenziale della costruzione del film. Dal “Gabinetto del dottor Caligari”, film dove le scenografie sono dipinte al film “La nobildonna ed il duca” di E. Rohmer , che si regge su una sottile dialettica tra immagini cinematografiche tradizionali ed immagini virtuali.
Non vorremmo si pensasse ad una rassegna seriosa, di taglio specialistico, riservata agli “addetti ai lavori”; ma alla presentazione di una serie di film belli e stimolanti, di notevole importanza sia storica che estetica, non tutti di facile reperibilità, che crediamo possano ottenere il consenso di una larga parte di spettatori siano essi studenti che semplici cittadini di un quartiere che è interamente nato e dedicato con il Cinema .
Lo stesso tema cinema e pittura è largamente controverso, in quanto qualcuno sostiene che si dovrebbe piuttosto parlare, per non cadere nel generico, di singoli film e del loro rapporto con la pittura. Il problema è grosso e cercheremo di affrontarlo nel corso della rassegna, comunque riteniamo utile elencare uno schema riassuntivo dei possibili rapporti che possono intercorrere tra i film e la pittura.
- Film in cui la pittura è assunta come soggetto (documentari d'arte su un pittore, un ciclo, un quadro ecc.).
- Film che usano una forma tra racconto e saggio sui problemi della rappresentazione in comune tra cinema e pittura ( per esempio “Passion”).
- Film su pittori a lavoro, sia realmente esistiti, sia frutto d'invenzione, in cui magari nello sviluppo narrativo è tematizzata la condizione del pittore, il rapporto tra arte e vita ecc.
- Film che utilizzano la pittura come “citazione” più o meno pertinente o come materiale per scene e costumi.
- Film in cui le scenografie sono interamente dipinte o ottenute con tecniche digitali.
- Film in cui la pittura è il motore dello sviluppo narrativo.
- Film in cui il regista organizza la composizione delle inquadrature in funzione di canoni simili a quelli pittorici.
Naturalmente tutti questi rapporti si intrecciano tra loro. Da quando il critico francese A. Bazin formulò la distinzione tra l'immagine pittorica, centripeta tutta racchiusa in se stessa e l'immagine cinematografica centrifuga, aperta verso l'esterno, il fuoricampo, la discussione sembra aver stabilito il sostanziale insuperabile scarto tra cinema e pittura, pur riconoscendo la comune appartenenza alla stessa area della storia della visione.
Naturalmente le cose non sono mai scontate, e tale atteggiamento viene messo in discussione sia dai registi che perseguono un tipo di cinema giocato essenzialmente sui valori figurativi, sia da chi, sull'onda del progresso tecnologico, sogna un cinema in cui il regista possa avere il controllo assoluto dell'immagine come il pittore; quello che verrebbe messo in crisi tutt'al più non il cinema in quanto tale, ma un modello particolare di cinema, quello narrativo, peraltro largamente prevalente nella storia.
Come si vede, il discorso tende ad allargarsi sempre più, e speriamo di riuscire a prospettare correttamente le varie e talvolta contrastanti posizioni teoriche in maniera problematica, senza avere la pretesa di dare soluzioni, ma cercando di fornire strumenti adeguati alla comprensione dei problemi.
Una minima bibliografia
- J. Aumont “L'occhio interminabile” Ed. Marsilio
- A. Costa “Cinema e pittura” Ed. Loescher
- S. Bernardi “Kubrick e il cinema come arte del visibile” Ed. il castoro
Nel 1952, il critico Ragghianti, riprendendo una ricerca cominciata negli Anni Trenta, rivendica il diritto di inscrivere il cinema tra le arti figurative e di farne "una prosecuzione della pittura". Per Lean Luc Godard "Lumiere potrebbe essere considerato non solo il primo cineasta ma anche l'ultimo pittore impressionista". Come introduzione all'intervista che seguirà ad Ernesto Tatafiore, proporrò una serie di classificazioni che ci guideranno all'interno di un viaggio dei possibili rapporti tra cinema e pittura.
1. L 'effetto quadro
Scene di un film che riproducono fedelmente dei dipinti famosi. Il "Cristo morto" di Mantegna in "Mamma Roma "(1962) o a quelle della pittura manierista di Pontormo o di Rosso Fiorentino ne " La Ricotta " (1963) o Pellizza da Volpedo in "Novecento" di Bernardo Bertolucci (1975). Assai più sottile è la funzione metaforica della scena di martirio che si vede in un quadro appeso alla parete della stanza del protagonista di " The Lodger " di Hitchcock (1926). La stessa posizione del corpo martirizzato (San Sebastiano) verrà assunta da Ivor Novello quando con le manette ai polsi rimane impigliato nella cuspide di una cancellata.
2. Film Storici
Fonti pittoriche uno degli espedienti più comuni per restituire il clima di un'epoca.
"Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova veneziano" di Luigi Comencini (1969)
"Il Casanova" di Federico Fellini (1969)
"Barry Lindon" di Stanley Kubrick (1975)
"La regina Margot" di Patrick Chereau (1994)
3. Film sulla biografia dei pittori
Jean Michelle Basquiat : " Basquiat " di Julian Schnabel (1996)
Crhrysty Brown : "Il mio piede sinistro " di Jim Sheridan (1989)
Caravaggio : "Caravaggio" di Goffredo Alessandrini (1941)
"Caravaggio" di Derek Jarman (1986)
El Greco : "El Greco" di Luciano Salce (1966)
Paul Gaugin : "La luna e i sei soldi" di Albert Lewin (1942)
"La vita di Gaugin" di Henning Carlsen (1987)
Artemisia Gentileschi : "Artemisia" di Agnes Merlet (1998)
Michelangelo : "Il tormento e l'estasi " di Carol Reed (1965)
Amedeo Modigliani : "Montparnasse" di Jacques Becker (1958)
Pablo Picasso : "Surviving Picasso" di James Ivory (1996)
Rembrandt : "L'arte e gli amori di Rembrandt " di Alexander Korda (1936)
Salvator Rosa : "Un'avventura di Salvator Rosa" di Alessandro Blasetti (1940)
Andrej Rublev : "Andrej Rublev" di Andrej Tarkovski (1966)
Van Gogh : "Brama di vivere" di Vincente Minnelli (1956)
" Vincent e Theo " di Robert Altman (1990)
" Van Gogh " di Marcel Pialat (1991)
Andy Warhol : "Ho sparato ad Andy Warhol " di Mary Harron (1997)
4. Il colore come protagonista
"Deserto rosso" di Michelangelo Antonioni (1964)
"I Misteri del giardino di Compton House" di Peter Greenway (1982)
"Lo zoo di Venere" di Peter Greenway (1985)
"Blue" di Derek Jarman (1993)
"Baby of Macon" di Peter Greenway (1993)
"Tre colori - Film blu" di Krysztof Kieslowsky (1993)
"Tre colori -Film rosso" di Krysztof Kieslowsky (1994)
"Tre colori- Film bianco" di Krysztof Kieslowsky (1994)
5. La pittura come ipertesto
"Io ti salverò" di Alfred Hitchcock (1945)
"Ultimo tango a Parigi" di Bernardo Bertolucci (1972)
" La Merlettaia " di Claude Goretta (1972)
"The Moderns" di Alan Rudolph (1988)
"Lezione di vero" di Martin Scorsese da "New York Stories" (1989)
"Sogni" di Akira Kurosawa (1990)
"I racconti del cuscino" di Peter Greenway (1996)
"La sindrome di Stendhal" di Dario Argento (1996)
"Hana- Bi" di Takeshi Kitano - Giappone (1997)
6. Il pitto- film
Francois Jost in riferimento al cinema agli albori sottolinea gli effetti della scenografia dipinta e dei "fondali " che dovevano amalgamarsi bene con quelli della ripresa " dal vero".
7. Film sulla rappresentazione pittorica
"La bella scontrosa" di Jacques Rivette (1991)
"F come falso" di Orson Welles (1975)
"Passion" di Jean Luc Godard (1982)
8. Il cinema e le avanguardie artistiche
a) Futurismo e Dada
Con il termine di " cinema d'avanguardia" si definisce le esperienze di quei cineasti che si sono collocati con i loro film in una posizione di antagonismo rispetto al cinema commerciale, di intrattenimento In questo caso il centro d'interesse è il cinema, è il cinema "d'artista". In "Entr'acte" , ad esempio, film del 1924 di Picabia e Clair, compaiono come attori Man Ray, Marchel Duchamp e il musicista Eric Satie.
b) L'espressionismo tedesco
L'espressionismo storico, pittorico, nasce e muore in Germania tra il 1905 e il 1920. E' un cinema che cerca di evolversi in pittura, con una volontà di annullare gli effetti realistici della fotografia a vantaggio dell'espressività. Si muove nei territori dell'incubo e dell'angoscia, pronti a destabilizzare la normale percezione delle cose e lotta contro "la decalcomania borghese e il suo intento meschino di fotografare la realtà". Tra le pellicole più significative prodotte in quegli anni vanno citate "Il gabinetto del dottor Caligari (1919) di Robert Wiene, "Nosferatu" (1921) di Murneau, "I misteri di un anima" (1925) di George Wihleim Pabst, "Metropolis" (1926) di Fritz Lang.
c) I Surrealisti
Movimento che ha avuto un ruolo fondamentale nel suggerire o ispirare le più libere e radicali sperimentazioni in campo cinematografico. Spesso queste sono avvenute ai margini o al di fuori del movimento; tale è il caso di " Le ballet mecanique (1924) del pittore Leger o del film del poeta J. Cocteau " Le sang d'un poete " (1930). Tuttavia i film in cui troviamo la più esaustiva realizzazione del verbo surrealista, sono : "Un chien andalou" (1928) realizzato in collaborazione con Salvator Dalì e "L'age d'or " (1930) di L. Bunuel. Partendo dall'ipotesi che la realtà è imprevedibile e inconoscibile, a volte del tutto illogica, assurda e sottostà ad una legge che è sconosciuta agli uomini, in questi film troviamo un uso del montaggio e una tecnica di costruzione delle sequenze che costituiscono l'equivalente filmico della " scrittura automatica" sperimentata dai poeti surrealisti: il libero accostamento, secondo i percorsi suggeriti dall'inconscio e senza controllo logico-razionale, di immagini prese dai più diversi contesti. In apparenza senza alcuna logica, però legati per libera associazione o bruschi contrastri, con il deliberato proposito di colpire lo spettatore e di aprire un nuovo tipo di percezione estetica. Il celebre prologo di "Un chien andalou", in cui vediamo la lama di un rasoio che squarcia l'occhio di una donna può essere assunto come il manifesto programmatico dell'incontro tra surrealismo e cinema.
d) La Pop Art
I casi più noti sono i film di Andy Warhol basati sulla serialità e sulla moltiplicazione di poche immagini selezionate in base alla loro pregnanza, anche se spesso possono sembrare, nella loro banalità casuali. Vengono ripresi oggetti della quotidianità; un uomo che dorme ripreso per sei ore in "Sleep"(1964) o dell'immaginario urbano; in "Empire" (1965) l'Empire State Building.
9. Conclusione
Come concludere questa mia passeggiata attraverso i colori se non con una citazione di uno dei più grandi maestri del cinema? Come affermava Robert Bresson: "Il cinema non deve esprimersi per immagini, ma attraverso rapporti di immagini. Così come un pittore non si esprime per colori ma attraverso rapporti di colore.