SONIA PICOZZI - ANALISI TECNICA del film: DESERTO ROSSO (1964)  di Michelangelo Antonioni

Deserto rosso fatto di musica, di suoni elettronici e di rumori…

In Deserto rosso (1964) la tendenza alla «meccanicità» della musica, alla sua astrazione, è portata ancora più avanti quando Antonioni chiama Gelmetti, il quale con frammenti tratti da sue composizioni continua, per così dire, la massiccia presenza sonora dei rumori delle raffinerie, delle macchine, delle navi all'ancora; gli oggetti hanno ancora una volta il sopravvento sui sentimenti. A ciò fa contrasto proprio l'intervento di Fusco, che consiste essenzialmente in una «canzone senza parole», un lungo vocalizzo per voce femminile (eseguito dalla figlia del compositore, il soprano Cecilia Fusco) che sostiene la sequenza della fiaba-sogno e che, pur colorando d'ideale il magico approdo dell'isola felice, rifiuta la tentazione dell'evasione «poetica» per rimanere ancorata al senso proprio della pellicola, immersa cioè in una malinconia consapevole. CANTO NATURALE. Un ritorno al melodismo, se si vuole, che ha conosciuto ed accettato l'angoscia di esistere in un mondo incomprensibile ed ossessivo.

La collaborazione fra Fusco e Antonioni ha dato luogo ad una attività esemplare sia come risultati sia come metodo di lavoro. Un esempio raro di osmosi creativa, in cui si realizza l'ideale dei più maturi esegeti della musica per film. Nel capitolo La visualizzazione della musica che fa parte del volume «Musica e film» edito da «Bianco e Nero» in occasione dell'8° congresso Musica e Film del 1959, Giulio Gonfalonieri postula una maniera di concepire la musica per film che appare antitetica a quella solitamente in uso, ma che Fusco ha per conto suo realizzato. Gonfalonieri suggerisce dunque ai compositori «l'abbandono di ogni intenzione onomatopeica od anche vagamente descrittiva; affermazione musicale pura, senza preoccuparsi affatto di comprovare che il tal motivo possa corrispondere al tal campanile, la tale armonia al tal pesco fiorito e così via discorrendo… La visualizzazione musicale dovrebbe esplicarsi, una volta tanto, per le misteriose vie del subcosciente, per misterioso connettersi e richiamarsi di immagini interiori e malnote, di reminiscenze e di previsioni. Un tipo di musica libera da qualsiasi finalità programmatica, descrittiva, onomatopeica; un tipo di musica felicemente dominata dalle sue leggi spontanee, dalle sue spontanee tendenze a strutturarsi e a comporsi, dal suo intimo impulso a risuscitare un ritmo di vita ormai perduto, più ampio, più risonante».

Proposizione che potrebbe apparire sospetta di preservare i «diritti» della musica in contrapposizione a quelli del cinema, se lo stesso musicologo non aggiungesse poi che nei casi migliori «la musica si visualizza docilmente e combacia esattamente coi dati dello schermo», restituendole la sua posizione subordinata.

IL DESERTO ROSSO

Angelo Rizzoli presenta

Monica Vitti, Richard Harris

Un film di Michelangelo Antonioni

Con Carlo Chionet, Xenia Valderi, Rita Renoir, Gigi Rheins, Aldo Grotti, Bruno Borghi

Soggetto e sceneggiatura Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra

Musica Giovanni Fusco

Cantata da Cecilia Fusco

Diretta da Carla Savina

Musica elettronica da composizioni di Vittorio Gelmetti

Direttore della fotografia Carlo Di Palma

Montaggio Eraldo Da Roma

Prodotto da Antonio Cervi

Regia di Michelangelo Antonioni

Leone d'Oro alla XXV Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia

Premio della federazione internazionale stampa cinematografica

Premio “Cinema Nuovo”

124'37'' Canto dell'inizio vocalizzo onirico quasi da “sirena” voce off del figlio che chiede ma chi era che cantava e G. risponde tutti cantavano tutti 126'49'' fine canto.

FINE

Tratto dalla tesi di Sonia Picozzi
"Il cinema moderno e la musica per film.
Giovanni Fusco tra Antonioni e Resnais."
e presente nel sito: www.giovannifusco.com

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