ALESSANDRO BLASETTI   di Graziano Marraffa

IL PADRE DEL CINEMA ITALIANO

Nel centenario della nascita di questo grande e poliedrico cineasta, riteniamo più che legittimo tratteggiare un breve e affettuoso ritratto, al fine di partecipare a quella che ci auguriamo divenga da oggi in poi la sua riscoperta. La definizione di padre del nostro cinema è la minima che gli si possa attribuire: fu proprio Blasetti infatti, nel 1932 (avendo con solo 32 anni di età, ben tre film al proprio attivo) ad istituire quella che venne battezzata "la scuola nazionale di cinematografia", dove in seguito egli stesso avrà l'opportunità d'insegnare le materie di base (regia, sceneggiatura, recitazione).
La principale caratteristica della sua intera opera fu quella di essere sempre all'avanguardia rispetto a tecniche, generi e utilizzo del mezzo cinematografico. Sul finire degli anni '20 brevettò su proprio disegno un tipo di macchina da presa - che poi non fu realizzata - da potersi considerare oggi un'antesignana della steadycam; parallelamente esordì come regista con "Sole"(1928).

Tra un film di propaganda e l'altro, nel '33, in pieno regime fascista, gli viene concessa l'opportunità di girare il suo "1860", con libero uso dei dialetti nazionali. Due anni dopo a Cinecittà, in seguito alle sue indicazioni, si disegnano i teatri di posa più grandi e famosi come il n. 5 (che diventerà la vera e propria "casa artistica" di Fellini) e il n. 15. Contemporaneamente alla realizzazione del documentario "Caccia alla volpe nella campagna romana", dove per la prima volta in Italia viene utilizzata la pellicola Technicolor, diede inizio ad una trilogia storico-avventurosa("Ettore Fieramosca", 1938, "La corona di ferro", 1940, "La cena delle beffe", 1941).

Da qui in poi nella sua filmografia troveremo i più fantasiosi e disparati esempi di cinema, attraverso anticipazioni di commedia brillante ("Quattro passi tra le nuvole", 1942, "Prima comunione", 1950), kolossal ("Fabiola", 1948), film ad episodi di matrice letteraria ("Altri tempi", 1952, "Tempi nostri", 1953); in quest'ultimo film Blasetti scoprì e valorizzò, ancor prima di De Sica, il talento e la prorompenza espressiva di Sophia Loren, affiancandola a Totò nell'ultimo episodio. L'anno seguente, in pieno realismo rosa, lancerà la coppia Loren-Mastroianni in "Peccato che sia una canaglia", successo subito replicato da "La fortuna di essere donna", 1955 (entrambi i film girati per lo schermo panoramico).

Tra le ultime produzioni, con "Europa di notte", 1958, darà involontariamente l'avvio al filone sexy-documentaristico dei prossimi anni '60; viene invitato dai suoi colleghi per realizzare sequenze spettacolari ("La grande guerra" di Monicelli, 1959, "La bibbia" di John Huston, "I due nemici" di Guy Hamilton, 1961. Con "Io, io, io… e gli altri", 1966, satira dell'egoismo italico costellata d'interpreti d'eccezione(Chiari, Lollobrigida, Manfredi, Koscina ecc.) lascerà al cinema quello che verrà considerato il suo testamento artistico. Dopo una commedia surreale-metafisica("La ragazza del bersagliere", 1967) realizza per la TV vati documentari a puntate, tra i quali "Gli italiani del cinema italiano", "L'arte di far ridere", "Il mio amico Pietro Germi".
Con la sua scomparsa avvenuta nel 1981 perdiamo un autentico ed insostituibile maestro, da tutti sempre considerato tale

di Graziano Marraffa

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