Il lavoro dell'attore: un corpo in scena e molte domande

«L'attore -ha osservato Fabrizio Cruciani - è attore in quanto recita, è vero; ma è anche più vero che recita in quanto è attore, cioè un uomo che sceglie di usare se stesso per esprimere, per comunicare (e non viceversa)». Ma come comunica l'attore?

di
Laura Peja


Innanzitutto l'attore è la sua presenza fisica: il teatro è il luogo in cui si definisce l'essere attraverso l'azione e l'attore “rappresenta” qualcuno o qualcosa sulla scena in primo luogo attraverso

• il suo corpo («physique du rôle»),

• la sua voce,

• una maschera (in senso proprio o figurato)

e altri attributi esteriori che, entro un certo limite, può modificare, valendosi dell'aiuto del trucco e del costume.

Articolando l'azione attraverso mimica, gestualità e prossemica, il corpo dell'attore in scena è proprio il perno su cui si fonda la comunicazione teatrale.

Ci sono anche gli aspetti “interiori”, i sentimenti, le opinioni, le sensazioni, le esperienze, che l'attore comunica; e qui il problema si pone a più livelli:

· gli aspetti psicologici e “spirituali” del personaggio

· gli aspetti psicologici e “spirituali” dell'attore come individuo

· gli aspetti psicologici e “spirituali” dell'attore durante la performance

Se l'attore interpreta un personaggio di cui vuol comunicare al pubblico il mondo interiore (a prescindere dal fatto che questo sia stato delineato dall'autore del testo, da un regista o sia creazione autonoma dell'attore), attraverso quali strumenti potrà farlo?

Solo attraverso il corpo e il movimento, cioè le azioni che compie in scena, eventualmente accompagnate dalla voce che recita le battute?

Oppure dovrà sviluppare anche delle dinamiche interiori adatte a comunicare allo spettatore gli aspetti “emotivi” del personaggio?

E, allora, deve provare davvero le passioni e gli stati d'animo che rappresenta sulla scena (immedesimazione)?
O deve piuttosto mantenere un distacco, una distanza critica che gli permetta di “gestire” dall'esterno il personaggio, giudicandolo e mostrandolo allo spettatore, senza però “esserlo”?

In ogni caso, come potrà conciliare la sua emotività e psicologia con quelle del personaggio, qualora si trattasse di un carattere opposto? Come potrà un flemmatico impersonare un iroso, uno spendaccione impersonare un avaro, un tipo razionale un passionale e così via?

O ancora, come potrà l'attore riuscire nella interpretazione ogni sera, inscenando la gaiezza quando sia terribilmente triste o una incontrollabile passione amorosa per un comprimario che gli sia magari venuto in odio?

Nel corso dei secoli una nutrita riflessione intorno a queste domande ha tentato delle risposte,

 

 

I testi di Laura Peja sono tratti dal sito "Gli elementi del teatro. Attrezzi per capire la scena"
reperibile all'indirizzo: www.piccoloteatro.org/elementi

  Statistiche web e counter web