RASSEGNA STAMPA sui CORTOMETRAGGI e sulla Cultura cinematografica di ogni tipo...
E’ stata nominata la commissione che dovrà istituire il Festival Nazionale del Teatro. Presieduta dal direttore generale per lo Spettacolo dal Vivo, Salvo Nastasi, esaminerà i progetti proposti dagli enti e dalle istituzioni. E’ composta da Maurizio Giammusso, Antonello Pischeddu e Pamela Villoresi. E dovrà concludere i lavori entro il 31 marzo 2007.
Sono stati nominati i membri della commissione per il cinema per la sezione che dovrà selezionare i film di interesse culturale nazionale. Innanzitutto i due rappresentanti della Conferenza Stato Regioni e cioè Francesco Gesualdi e Oscar Iarussi e poi Rosita Marchese, Gian Pietro Brunetta, Enrico Magrelli. E nessun membro indicato dai sindacati degli autori di cinema né degli attori. E’ stata rinnovata anche la Giuria per l’attribuzione dei premi di qualità in ui si annuncia he faranno parte eminenti personalità quali Roberto Barzanti, Giuseppe Bertolucci, Caterina D’Amico, Antonio Monda e Maurizio Scaparro.
Anche in tale occasione i sindacati del settore, tra cui la UIL-UNSA che ha ottenuto nelle ultime elezioni SIAE per la sezione Cinema il 33% de voti degli autori cinematografici, non sono stati consultati.
La commissione della sezione per le opere prime, seconde e per i cortometraggi composta da Ludina Barzini, Mimmo Calopresti, Anselma dell’Olio, sono stati designati anche Massimo Bergami, per la promozione della cultura cinematografica in Italia e all’Estero Valerio Toniolo, Paolo Pietrangeli, Osvaldo de Santis, Carlo Degli Esposti.
Per la sezione che determina l’ammissione ai benefici di legge e il riconoscimento dei film d’essai sono stati nominati Paolo Merenghetti, Marco Rossetti, e Natali Aspesi e Vito Zagarrio.
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NOVITÀ MEDIATICHE - SUL WEB PARTE TELE PAPA…
Nasce la prima web tv sul Papa, in inglese e spagnolo. Dal sito www.romereports.tv si possono scaricare 3 minuti di news al giorno, un reportage settimanale di 26 minuti e uno speciale mensile di 52 minuti dedicati alla Chiesa cattolica. Il canale, spiega Santiago de la Cierva, direttore di Romereports, è destinato a quanti «si interessano alla Chiesa con spirito critico». Perciò «nessuna propaganda, ma un’informazione completa e non reticente», promette de la Cierva, membro dell’Opus Dei. La web tv costerà 1 euro al giorno oppure 8 euro mensili e nasce da un accordo con la svizzera Wbbs, che ha un portale internet (www.baobab.tv) per tv tematiche. (I.I.)
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LE MOSCHE DEL DESERTO ALLA CASA DEL CINEMA
E' un cinema tutto parlato quello in programma oggi pomeriggio alla Casa del Cinema. Protagonista l'ultima fatica cinematografica del novantunenne Monicelli, appena uscita nelle sale, in una versione per appassionati cinefili. Le sue "Rose del deserto" infatti, ultimo film della sua lunga produzione che conta sessantacinque pellicole, sono diventate l'oggetto del libro di Chiara Rapaccini "Le mosche del deserto" che, nella sala Delux del cinema di Villa Borghese, verranno presentate dall'autrice e da Tatti Sanguineti insieme al cast del film. Con Mario Monicelli ci saranno infatti Michele Placido, Alessandro Haber e Giorgio Pasotti. Tema del libro, i giorni della lavorazione del film.
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MICHAEL HANEKE AL CINE CLUB DETOUR
Due serate, oggi e domani, dedica a Michael Haneke e al suo cinema con la proiezione di due film che indagano il tema della violenza, anche quella apparentemente senza motivo. Stasera, ore 21, "Benny's Video" del 1992, che il Cine Detour presenta in una copia rara anche se di qualità non eccellente, come avvertono dallo stesso cinema. E' la storia di un ragazzo solo e asociale che passa le sue giornate a guardare film violenti alla televisione. Con un'attrezzatura non professionale Benny realizza video amatoriali fino a quando un giorno non conosce una ragazza e l'invita a casa sua. Domani, invece, sempre per il doppio appuntamento "Frammenti di Haneke" è in programma la proiezione di "Frammenti di una cronologia del caso", film del '93 in versione originale con sottotitoli in italiano. Anche in questo caso la copia è rara e di qualità non eccellente. Sempre sul ruolo che la violenza esercita nella società moderna, questa volta Haneke racconta le vicende di un giovane studente universitario che il giorno prima di Natale del '93, entra in una banca e uccide due persone che non aveva mai visto.
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Adnkronos/Cinematografo.it) - ‘’Natale a New York’’ sbaraglia ogni concorrente ai botteghini italiani. Nel suo primo giorno di programmazione il primo cine-panettone della serie prodotta da Aurelio De Laurentiis, interpretato da Christian De Sica senza Massimo Boldi, ha incassato 401 mila euro nelle 459 sale monitorate da Cinetel (e’ tuttavia uscito con 780 copie) e ha realizzato anche la più alta media per schermo con 874 euro.
La commedia diretta da Neri Parenti e interpretata anche dall’inedita coppia Claudio Bisio e Fabio De Luigi, insieme a Sabrina Ferilli e Massimo Ghini, registra un risultato ancora migliore di quello realizzato lo scorso anno da “Natale a Miami”, che al suo debutto nei cinema guadagnò 399 mila euro. Secondo posto per i concorrenti di ‘’Ole’’’: Massimo Boldi e Vincenzo Salemme diretti da Carlo Vanzina incassano 176 mila euro con 351 copie e una media per sala di 500 euro.
Seguono, rispettivamente al terzo e quarto posto il blockbuster Usa ‘’Deja-vu’’ con Denzel Washington, che incassa 162 mila euro con la seconda media per sala (762 euro in ognuno dei 222 schermi monitorati da Cinetel), e ‘’Commediasexi’’. Il film che segna l’esordio nel genere natalizio di Alessadro D’Alatri e quello di Paolo Bonolis nel cinema incassa 69 mila euro (277 sale) con una media di 248 euro.
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1 – LE MARKETTE TG PER I CINEPANETTONI
Dal Corriere della Sera, la rubrica "A fil di rete" di Aldo Grasso
L'incauta, infelice e imbarazzante sortita dei quattro parlamentari dell'Unione che hanno tuonato contro Olé, l'ultimo film dei fratelli Vanzina interpretato da Massimo Boldi ("Devono essere fissati criteri - si raccomandano i quattro dell'Ave Maria - per individuare quali film possono trovare spazio nella tv pubblica"), ci nega il piacere di un piccolissimo rilievo. Va bene presentare i film di Natale, va bene offrire ospitate ai protagonisti, ma i tg non stanno un po' esagerando nella promozione? Che a Natale escano i film di Natale è un grande evento meritevole dei notiziari della sera? Che durante le feste si consumi uno sciagurato rito laico che consiste nell'ingozzarsi di cine-panettoni non è una di quelle notizie che fanno il paio con l'esodo estivo o con la neve che d'inverno imbianca i monti? Dei film non ci importa nulla (li andremo a vedere fra vent'anni, quando, per la nota teoria di Totò cui tutti disperatamente si aggrappano, saranno nel frattempo diventati capolavori), ci importa molto dei giornalisti dei tg.
L'altra sera, ad esempio, sul Tg3 Teresa Marchesi era in preda a uno di quegli attacchi di marzullismo che ogni tanto la deconcentrano: inginocchiata davanti a Paolo Bonolis ne tesseva le lodi, quasi fosse il novello Marcello Mastroianni (forse i due credono che personaggio "sordido" derivi da Alberto Sordi). Accanto a Bonolis sedeva silente Stefania Rocca. Siamo convinti che in altri periodi dell'anno, la Marchesi sia anche una fervente femminista; siamo certi che, quando la Marchesi non è in preda al marzullismo (capita? sì, a volte capita), creda molto nel ruolo delle donne.
Ebbene, l'altra sera, la Rocca, non se l'è proprio filata (e non ci venga a raccontare la storia dei tagli, della mannaia del montaggio). Poi ha intervistato Alessandro D'Alatri, campione di product placement, al cui fianco si trovava Elena Santarelli. Ora, la Santarelli non sarà Margherita Hack, ma una domandina, via.
Ecco per colpa di quattro parlamentari tardo-moralisti e tardo-tordi non possiamo nemmeno lamentarci del prezioso tempo che i tg sprecano per le markette dei film di Natale. Che saranno anche dei capolavori, però devono ancora dimostrarlo.
2 – SERVIZIO PUBBLICO E NOVITA’ CINEMATOGRAFARE
Risposta dei parlamentari dell'Unione, pubblicata sul Corriere della Sera
Abbiamo letto sul Corriere che la rubrica "A fil di rete" definisce i nostri rilievi sui servizi dei telegiornali Rai ai film di Natale come "incauti, infelici e imbarazzanti".
Fa scandalo, a quanto pare, che quattro parlamentari abbiano deciso di avanzare liberamente un dubbio, di sollevare una questione, di esprimere perplessità sul grande spazio che i telegiornali del servizio pubblico dedicano da giorni a pochi e ben precisi film, con servizi che sembrerebbero dei trailer, mandati in onda nelle edizioni di massimo ascolto. Sempre e solo quelle due o tre pellicole.
Eppure in uscita di film ce ne sono molti altri. Solo nelle pagine del Corriere dedicate agli orari delle sale se ne contano circa 35.
Ma c'è di più: qualcuno è arrivato a parlare addirittura di intenti "censori". Ma quale censura? Quella che avanziamo è, a nostro avviso, una legittima e doverosa domanda: veramente di circa 35 film che sono nei cinema, gli unici meritevoli di essere segnalati agli utenti del servizio pubblico sono quei due o tre?
Proprio per questo abbiamo inviato una lettera al presidente della Rai, Claudio Petruccioli, chiedendogli un incontro. A lui vorremmo sollecitare una riflessione, un momento di attenzione sul problema, che riguarda non solo le settimane a ridosso del Natale, ma tutto l'anno. Siamo sicuri che da parte del servizio pubblico vengano seguiti criteri chiari e rigorosi nel recensire le novità cinematografiche?
Dispiace che se un parlamentare decide di esprimere liberamente la propria opinione su una vicenda delicata come quella dell'informazione pubblica, viene definito "incauto e imbarazzante". A maggior ragione quando chi lo definisce così sembra condividere in pieno la sua riflessione, come nella rubrica in questione.
Comunque è meglio essere ritenuti incauti che negligenti rispetto ai propri doveri.
Riccardo Villari (Margherita)
Franco Ceccuzzi (Ds)
Loredana De Petris (Verdi)
Giuseppe Di Lello (Rifondazione Comunista)
Marco Giusti per il Manifesto
Al terzo cinepanettone consecutivo, anche i critici più esperti iniziavano a dar segni di squilibrio nella sala 3 dell’Adriano, la sala più sfigata, visto che quella buona era la 4 (però l’arrivo della supervelina Sara Tommasi alla 3 e di Goffredo Bettini presidente della Festa di Roma alla 4 magari cambiava un po’ le cose...). A poco poteva l’arrivo di Aurelio De Laurentiis in versione presentatore tv con il suo cast quasi al completo esibito per dovere di ospitalità, anche se l’ultima saluto lanciato da Christian De Sica, “Buon Natale ragazzi” a un pubblico dall’età media di 55 anni appariva poco adatto. Poi partiva il film. Lungo, scritto da troppe mani, non sempre divertente.
De Sica e Massimo Ghini ripetono l’episodio dello scorso anno di “Natale a Miami”. De Sica è tal Lillo, ex pianista del duo sfigatissimo Lillo e Lollo (indovina chi e’ Lollo nella foto? Paolo Conticini..), che si è sposato la ricca Fiorenza Marchegiani (che torna alla commedia dopo l’esordio con Massimo Troisi in Ricomincio da tre, ma è troppo seria) e ha firmato un contratto prematrimoniale per cui se la tradisce rimane in mutande.
Non l’ha tradita per tanti anni, ma quando ha ritrovato la sua vecchia fiamma, già Miss Ciociaria, cioè Sabrina Ferilli in versione ora-faccio-la fiction-in-tv, c’è cascato. Anche lei è sposata con un contratto simile al ricco medico Claudio Ricacci, cioè Massimo Ghini, ma lo lascerebbe per amore di Lillo. Per ottenere almeno metà degli alimenti del marito cerca quindi di incastrarlo sapendo che ha un’amante giovane. L’amante, guarda un po’, è Elisabetta Canalis, bellissima (ma non bravissima, comunque ben gossippata tutta l’estate con Gabriele Muccino al mare), figlia proprio di Christian e della Marchegiani.
Per non perdere i soldi della moglie, che chiama simpaticamente la “babbiona” (grande sceneggiatura), Christian mette al corrente Ghini delle intenzioni della Ferrilli, ma non sa nulla della storia tra questo e la figlia. Tutta questa storia intricatella si svolge, per doveri cinepanettonistici, in quel di New York, assieme a una storia gemella, che ripete un po’ quella dei ragazzini dell’anno scorso a Miami. Solo che manca Boldi. Al suo posto arriva la coppia Mediaset Claudio Bisio – Fabio De Luigi, primario carogna e assistente che subisce, e non a caso si chiama Vessato.
Vessato è incaricato da Bisio di portare una preziosa pergamena al figlio, Francesco Mandelli, e al nipote, Paolino Ruffini, che stanno studiando a New York. Solo che i due non studiano affatto, sono affiliati all’associazione universitaria “fancazzisti militanti” (grande sceneggiatura) e fanno la bella vita coi soldi del ricco primario e useranno la pergamena per farsi le canne. Per inciso, se qualcuno dell’Unione vede il film, partiranno ogni genere di censure, visto che il film è molto piu’ avanzato di “Olè” nel dare il cattivo esempio ai giovani.
Quando arriva anche Bisio a New York la situazione si complica, anche perché il suo vice De Luigi si è apertamente schierato coi ragazzi nel prendere in giro il padre-padrone. Per far quadrare il tutto assistiamo a una serie di soluzioni di scrittura non sempre brillantissime, ma comunque meglio risolte che nel finale di “Olè”, anche se le incongruenze sono parecchie e non viene spiegato il disprezzo della coppia Christian-Marchegiani per la figlia Canalis. Uniamo a tutto ciò un pianista napoletano, Alessandro Siani, già travolto in tv dal disastro di “Libero”, figlio di quel Lollo ex-partner di Christian.
Siani, messo lì solo per avere un comico napoletano e per giustificare il fatto che De Laurentiis è il presidente del Napoli, per nulla aiutato dal suo personaggio, sembra, a vedere questo film, uno dei pochi attori napoletani incapaci di far ridere. Gli sceneggiatori devono essere impazziti per sistemare in qualche modo le sue gag dentro a meccanismi di storia così complessi, e infatti sembra un corpo anomalo dentro al film. Di certo, De Laurentiis non gli ha fatto un piacere. Va detto, invece, che Christian e Ghini fanno ridere, hanno una loro eleganza, si capiscono al volo, sembrano playboy romani un po’ stagionati ma sanno come ridere di se stessi e Neri Parenti sa perfettamente come riprenderli secondo i modelli mattoliani del nostro cinema comico.
La gag del cellulare finito dentro al tacchino da infarcire con Christian che cerca di parlare con la sua amante Ferilli, comunicando si puo’ capire da dove, è notevole e del tutto originale. Ma va pure detto che la mancanza di Boldi si sente, come si sente in “Olé” la mancanza di Christian. L’episodio dei ragazzi non funziona quasi mai, solo De Luigi ha una sua stralunata realtà da attore ancora fresco per il cinema (è bravo anche in “Commediasexi”), mentre Bisio non riesce a trovare sullo schermo la forza che ha in tv, né qui nel terrificante “La cura del Gorilla”.
Ruffini e Mandelli, privati del terzo socio di un anno fa, Giuseppe Sanfelice, quello di “La stanza del figlio”, sono costretti dalla sceneggiatura a cercare di far ridere con le canne e battute di trent’anni fa (“fa un effetto stupefacente”). Almeno Paolino va a canestro col la migliore battuta del film, che è sua, detta a una strafattona con un serpente: “Cos’è un biscione? Nostalgica, eh?”. Non solo, riesce anche a riportare un bel po’ della vecchia volgarità del cinepanettone classic quando si pulisce il sedere con un orrido barboncino bianco.
Ma su tutto trionfa un’idea di cinema, a livello produttivo e di struttura di racconto, che è davvero ormai vecchissimo. Sia qui che in “Olé” gli stranieri, spagnoli e americani, parlano un italiano perfetto come nei film italiani degli anni ’50, e l’effetto è terrificante. Il tassista indiano e il cameriere cinese che parlano napoletano con Siani sono ancora peggio. Inoltre vengono chiamati in ruoli piccoli, ma comunque di un certo peso, attori, probabilmente americani, che sembrano presi chissà da dove e rovinano qualsiasi scena, quando la forza del nostro cinema comico era quello di avere tante facce e tanti piccoli ruoli esplosivi.
Gli interni, che dovrebbero svolgersi in America, sono girati tutti a Roma, e si vede, con comparse diciamo scelte non con grande cura. Le feste trasgressive dei ragazzi, poi, sembrano una versione ancora più assurda dei droga party dei film italiani anni ’60. Tutto questo non aiuta lo sviluppo del film, che ha comunque qualche trovata carina. Bisio e De Luigi che camminano per New York mezzi accecati, Christian che si esibisce al piano bar, ecc.
Rispetto a “Natale a Miami” mi sembra un film ancora meno riuscito, pur se con delle punte comiche maggiori. Se Parenti, che è un esperto ingegnere di gag, e De Laurentiis, che a questo genere ci crede, vogliono fare ancora questo tipo di cinema o riportino a casa Boldi e rifacciano il cinepanettone all’antica, con tutti i difetti e i pregi che aveva, o cambino tutto, ma tutto davvero, senza queste vacanze impossibili dove siamo obbligati ad assistere alla borghesia cinematografa romana che cerca di fare la commedia all’americana senza averne capito i meccanismi e senza averne gli interpreti.
Quanto alla battaglia di Natale fra i tre film, è probabile che i delusi del film di Christian vadano a vedere quello di Boldi e viceversa. Non c’è un migliore né un peggiore tra i due. Se a qualcuno sono rimasti sette euro e non ha ancora mandato al diavolo sia Boldi che Chrsitian, magari puo’ andare a vedere “Commediasexi”, che è nettamente il cinepanettone più riuscito e più innovativo (e mostra anche la strada da seguire per una giusta dose di commedia alta e bassa), o a rivedere “Ecce Bombo” di Nanni Moretti, che fa ancora ridere di più del nostro attuale cinema comico.
E per concludere, come diceva Sergio Garrone alla fine di “Vacanze di Natale”, quello originale dei Vanzina, “E vabbé... anche questo Natale ce lo semo levato dalle palle”.
Dagospia 17 Dicembre 2006
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BRAVO MUCCINO, MA LA STAMPA USA PENSA SOLO A WILL SMITH…
Può ritenersi assai soddisfatto, Gabriele Muccino. Il suo esordio americano alla regia, “The Pursuit of Happyness” con Will Smith, ha vinto il weekend al boxoffice americano alla faccia del “Signore degli Anelli” dei poveri, al secolo “Eragon”. Unico neo per il regista italiano è che il grosso delle critiche americane si concentra sulla performance di Smith, ritenuta unanimemente da Oscar, e ben poco sulle qualità dell’autore dell’ “Ultimo Bacio”. C’è anche chi (Richard Roeper sul “Chicago Sun Times”) definisce Smith un attore da quattro stelle anche quando recita in un film da tre e non nomina Muccino neanche una volta nella sua recensione.
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Lunedì 18 Dicembre 2006 Il Messaggero - di CLAUDIO MARINCOLA
Oggi verrà siglato l’atto di nascita della Fondazione Cinema per Roma. E già si sa che è molto più di una costola dell’Auditorium. La guiderà Goffredo Bettini, chiamato a ratificare nelle prossime ore il passaggio annunciato nei giorni scorsi. Ne faranno parte anche Comune, Regione, Camera di commercio e Musica per Roma. Ognuno avrà un suo rappresentante «scelto al massimo livello». Il presidente potrà contare su una delega piena e mettere in moto la macchina al primo colpo.
Il quadro, in linea di massima, era stato definito subito dopo la chiusura della Festa del Cinema. Ha preso piena forma, con tutti i nomi nelle caselle, soltanto in questi giorni. Per la parte artistica i responsabili saranno gli stessi che hanno fatto parte del comitato scientifico della Festa: Mario Sesti, Giorgio Cosetti, Maria Teresa Cavina e Piera Detassis. Insomma, squadra che vince non si cambia.
Per Musica per Roma, l’ex società trasformata due anni fa in Fondazione, oggi, sarà il giorno della presentazione del bilancio. L’attenzione sarà però per Bettini, per il suo personale bilancio. Il suo ufficio resterà nello stesso edificio. Ma quel trasloco di pochi metri è un addio, un occasione per ricordare i giorni belli ma anche quelli difficili. I giorni del cantiere bloccato, del contenzioso con la ditta appaltatrice, fino alla rescissione del contratto e alla realizzazione dei tre Scarabei di Renzo Piano.
Oggi ci saranno tutti, anche il sindaco Veltroni, il primo al quale il senatore diessino ha comunicato la sua scelta. Occuparsi a tempo pieno di Cinema e, contemporaneamente, el nuovo partito democratico, «perché sento il bisogno impellente di contribuire con le mie forze».
L’Auditorium è famoso per la sua acustica. Si colgono suoni ma anche i sussurri. Si viene così a sapere che il passaggio da una stanza all’altra non è stato automatico come si pensa. Quando Bettini comunicò a Veltroni cosa aveva in mente, il sindaco rimase perplesso. Tanto perplesso che la prima reazione fu un «...ma sei matto?», sia pure detto con affetto. La premessa era stata: «Walter, non voglio occupare poltrone, non è nel mio stile». In quei giorni incombeva il congresso regionale ds: il neo presidente della Fondazione Cinema per Roma si sarebbe battuto per l’elezione, poi avvenuta, di Nicola Zingaretti. A conferma che la scelta del candidato giusto resta una specialità della casa (leggi Rutelli, Gasbarra, Marrazzo).
Chissà chi sceglierebbe ora Bettini al posto di Bettini. Anche se pare scontato che a raccogliere la difficile eredità sarà l’ex assessore capitolino alla Cultura Gianni Borgna. Al posto del quale dovrebbe arrivare Silvio Di Francia, attuale presidente di Zètema. Il favorito è lui, l’ex coordinatore della maggioranza capitolina, ma girano anche altri nomi. L’ultima parola (come sempre) spetterà a Veltroni.
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La tv di domani Rilasciata in versione beta VeniceProject, tv on demand via p2p dagli inventori di Kazaa e Skype. Nel mirino YouTube - da www.corriere.it
LONDRA - Janus Friis e Niklas Zennstrom, i giovani autori di KaZaa e Skype, hanno rilasciato la prima versione beta del loro nuovo prodotto: Venice Project, la tv peer-to-peer. Se l'ultimo software del duo avrà lo stesso successo dei precedenti siamo vicini alla tanto attesa rivoluzione della tv on-demand via internet. I seimila utenti che si sono registrati per testare il software dallo scorso weekend possono usufruire in anteprima del servizio, nonostante la beta sia ancora grossolana rispetto a quello che sarà il Venice Project commerciale.
COME FUNZIONA – VeniceProject è un software peer-to-peer poco ingombrante (12Mb, 512Mb di Ram necessari) che permette di vedere in streaming i contenuti professionali per cui la società ha negoziato i diritti di trasmissione con le principali emittenti anglosassoni. Nessun problema di copyright quindi, e nessun costo per l'utente che ripaga i titolari dei diritti d'autore subendo uno spot pubblicitario prima dei contenuti desiderati. Al momento non è possibile in alcun modo saltare gli spot, ma gli inventori assicurano che sarà rilasciata anche una versione con questa facoltà (e immaginiamo che lo si potrà fare pagando un dazio premium). I programmi per ora includono i brand di Cnn e Warner Bros – per citare quelli famosi anche presso il pubblico italiano – e propongono molte clip musicali, brevi filmati sportivi e documentari, ma si cercano accordi con tutte le major del video per offrire un archivio sufficientemente vasto da soddisfare gli utenti di tutto il mondo.
VERSO YOUTUBE – La caratteristica più evidente di VeniceProject, soprattutto in un periodo che vede i contenuti generati dagli utenti a farla da padrone sul web, è che tutti i contenuti sono professionali, realizzati cioè da professionisti del video e non dagli utenti. Il blog che accompagna la beta di VeniceProject chiarisce che presto sarà possibile caricare i propri contenuti, e quindi il modello YouTube sarà contemplato, ma proprio la decisione di puntare su contenuti professionali è la novità del modello di business di Friis e Zennstrom. La strada scelta per veniceProject è di diventare la Iptv del domani, sostituendosi alle emittenti tradizionali, o meglio integrando il loro palinsesto rendendolo on-demand e sottraendolo dalle limitazioni geografiche della programmazione nazionale. Il tutto sempre nel rispetto delle leggi e attraverso accordi con i titolari dei diritti. Il modello di finanziamento tramite advertising ribadisce la vicinanza di questo nuovo mezzo di distribuzione alla tradizionale tv, e si preannuncia come un degno rivale non solo di YouTube, ma in maniera più diretta proprio di quei tentativi messi in opera dalle emittenti tradizionali di portare i contenuti digitali sugli schermi dei Pc dei propri utenti. Questi ultimi tentativi prevedono una modalità di pagamento per view o flat, senza l'inclusione degli spot pubblicitari nella programmazione. Finora i prezzi della Iptv e soprattutto della Iptv on demand sono cari, e i servizi stentano a decollare. Questa potrebbe essere la strada che porta al domani.
P2P TECNOLOGIA VINCENTE – Il problema della trasmissione video è in ultima analisi la pesantezza dei file, che necessitano di connessioni potenti per essere trasmessi in streaming da un'emittente. Per scaricare un video i tempi di download sono ancora lunghi e rovinano l'esperienza dell'utente abituato a vedere un programma senza ostacoli e non a scaricarlo oggi per vederlo domani. Il peer-to-peer risolve i problemi di banda occupata, instaurando una rete tra pari che condivide le connessioni dei vari utenti. Il risultato è che si ruba un po' di banda a tutti quelli collegati ma si riesce a vedere in streaming un video a tutto schermo avendo a disposizione solo 1 Mbps di connessione. Alla presentazione del servizio in uno Starbucks nel sud di Londra, Friis ha definito i target di VeniceProject e le condizioni per il suo successo: «Sarà un successo se piacerà agli inserzionisti, ai produttori di contenuti e agli utenti». Per ora, quantomeno, incuriosisce.
Gabriele De Palma
18 dicembre 2006
Gabriella Sassone per Dagospia
Inutile usare le conferenze stampa per accusarsi, difendersi, litigare, rivangare il passato: da oggi sarà il box-office (e quindi la gente, coi suoi gusti) a decidere chi vincerà la sfida natalizia tra i cinepanettoni (solo la Ferilli scopre per la prima volta che si chiamano così), tenzone quest’anno più infuocata che mai. Infarciti di battute a volte sciocche e di bonone dalle gambe chilometriche e i seni esplosivi, arrivano oggi nelle sale “Olè” dei Vanzina con Boldi, Salemme, Daryl Hannan, Estrada (distribuito in 500 copie dalla Medusa), “Natale a New York” di Neri Parenti con De Sica, Ghini, Bisio, Ferilli, Canalis (Filmauro, 800 copie), e il cinepandoro outsider “Commediasexi” di Alessandro D’Alatri (01 Distribution, 350 copie), con i debuttanti Paolo Bonolis e Elena Santarelli affiancati da Sergio Rubini, Margherita Buy, Michele Placido, Stefania Rocca, Rocco Papaleo.
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Gabriella Sassone per Dagospia
1 - Si è spenta oggi all’una Sheila Rubin, la più importante casting cinematografica, conosciuta e apprezzata anche a Hollywood, che ha piazzato attori italiani anche nel “The Passion” di Mel Gibson. Un grave lutto per il mondo del cinema.
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Domenica 17 Dicembre 2006
ROMA - «Alle giovani attrici di oggi vorrei dire: lavorate, studiate, non pensate solo ad apparire e accettate qualsiasi proposta di lavoro in teatro, perché non si diventa stelle in un giorno».
Lei, Anna Proclemer, ebbe la fortuna di diventarlo: debuttò in Minnie la candida diretta da Ruggero Jacobbi, e da lì in poi infilò un successo dopo l’altro. «Sono stata per più di sessant’anni sulla breccia senza mai dare peso a quello che oggi sembra fondamentale per il nostro mestiere: comparire in televisione. Per cosa poi? Farti riconoscere dal macellaio per un paio di giorni?». Tempi duri per il teatro, questi, «ma scegliere il palcoscenico non è mai stato facile. Prima c’era meno richiesta, oggi ci sono meno soldi. Anche se mi è capitato di vedere allestimenti inutili e costosi».
Nina per Cechov, Ofelia per Shakespeare, Beatrice Cenci per Moravia, Maria Stuarda per Schiller, moglie di Vitaliano Brancati e poi compagna sulla scena e nella vita di Giorgio Albertazzi («anni ricchi, rapinosi, faticosi, esaltanti», scrive), l’attrice trentina non ha mai accettato di scrivere un’autobiografia che pure molti editori le hanno chiesto. Adesso, dopo un’estate passata davanti al computer, inaugura “Teatro e vita. Il sito di un’attrice” (www.annaproclemer.it), avvertendo i visitatori di stare in guardia, perché «è un’inguaribile grafomane». Enzo Siciliano, che decise di ospitare al Viesseux gli scritti della Proclemer, sapeva bene che si era «impicciata di letteratura», ma l’unica pubblicazione sono le Lettere da un matrimonio, per lo più scritte da Brancati e con qualche incursione della moglie. Una “epistolomane”, si definisce lei. «Lo scrittore era lui, e di veramente mio ci sono i raccordi tra i vari momenti della nostra storia».
Carta perde, web vince: curioso che ora la Figlia di Iorio decida di raccontare intimamente se stessa, attraverso ricordi di passioni, aneddoti di scena, foto, locandine, lettere (come quella scritta per lei da Albertazzi che anticipiamo a parte). «Noi attori siamo saltimbanchi dell’anima, avevano ragione a seppellirci in terra sconsacrata, perché siamo sconsacratori di professione. Scriviamo sull’acqua», e forse proprio per questo “navigare” si addice all’artista. «Il mezzo multimediale mi stuzzica perché puoi agirci “sopra”. Nei loro siti le attrici appaiono sfumate e levigate, tutta una roba di charme. Bisogna saper essere poco pompose e molto autoironiche, per questo in homepage ho voluto la caricatura che mi ha fatto Onorato».
Lavora sulla sua creazione di notte, perché risente ancora dell’orologio biologico teatrale. Non si addormenta mai prima delle tre di mattina. «Leggo, guardo la televisione, ascolto musica, faccio i solitari al computer. Chattare è una cosa che non farò mai, la odio quanto gli sms sul cellulare. Mi piacciono le frasi tornite e complicate, mentre lì te le trovi anche precostituite: “Ti amo”, “Ti aspetto”... che orrore!».
Di sogni nel cassetto non è più tempo, crede, perché «una delle cose brutte della vecchiaia è la mancanza di progettualità». Un progetto c’è, «in marzo alla Scala di Milano per una piccola parte (la Duchessa di Crakentorp) nella Fille du régiment di Donizetti, la regia è di Crivelli».
Scrive nel sito di essere un’attrice «perché a 6 anni, quando mia nonna mi portava al Gran Caffè di Gorizia a bere una cioccolata, mi sedevo sullo sgabello liberty di velluto rosso e mettevo in mostra le gambe nude. Poco poco. Quel tanto perché la gente le notasse». «Se non è un mostro una così!», conclude tra il fiero e il faceto.
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LYNCH CORTO
Quando il loro autore è diventato uno dei più osannati cineasti viventi, anche i primi cortometraggi di David Lynch hanno visto una pubblicazione in dvd curata dallo stesso regista e acquistabile sul suo sito. Sono il primo esperimento con l'audiovisivo da parte dell'allora pittore e scultore "Six Men Getting Sick" (figure stilizzate che vomitano e prendono fuoco), il surreale "The Alphabet" (solo 4 minuti), il più narrativo e animato "The Grandmother" (bambino crea nonna artificiale per sostituire i genitori) e il buffo "The Cowboy and the Frenchman". A questi il Brancaleone aggiunge l'episodio pilota diretto da Lynch della sfortunata serie tv "On the Air" che non riuscì a bissare il successo incredibile di "Twin Peaks". Per ammirare il geniale artista visionario americano lontano dal lungometraggio.
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Blockbuster ha indetto, per il giorno di Halloween, un sondaggio tra i clienti dei rivenditori americani circa le sequenze più inquietanti della propria memoria cinematografica. Questa la classifica finale:
1 The Ring: Samara attraversa lo schermo della televisione
2. Hannibal: Hannibal Lecter cena col cervello di Ray Liotta
3. The Exorcist: Regan si sposta contorta e all'indietro sulle scale
4. Blair Witch Project: Il finale nella casa abbandonata
5. Alien: La nascita del piccolo alieno dal petto di John Hurt
6. The Exorcist: Regan che torce il capo a 360°
7. A Nightmare on Elm Street: Un invisibile Freddy Krueger trascina la sua vittima attraverso il soffitto
8. Poltergeist: Carol Anne che urla "Sono qui!" davanti alla Tv
9. The Shining: Danny incontra le due gemelline assassinate
10. Seven: L’accidioso “resuscita”
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