RASSEGNA STAMPA sui CORTOMETRAGGI e sulla Cultura cinematografica di ogni tipo...
LA RIFORMA DEL SISTEMA DI FINANZIAMENTO AL CINEMA CHE PREVEDE UNA PIOGGIA DI TASSE SUI BROADCASTER CHE TRASMETTONO FILM
Oggi dalle 15 audizione ad alta gradazione alla Camera tra tassatore e tartassati. Da una parte il rutelliano di ferro Andrea Colasio, segretario della Commissione cultura e firmatario di una proposta di legge sulla riforma del sistema di finanziamento al cinema che prevede una pioggia di tasse e
imposte sui broadcaster che trasmettono film (tv, internet, iptv).
Dall’altra, i tartassati: Giancarlo Leone (Rai), Gina Nieri (Mediaset), Tullio Camiglieri (Sky), Piero Della Chiara (Telecom), Sergio Scalpelli (Fastweb), Wind e H3G. Colasio è alle prese con una mission impossible: convincere i tartassati a pagare i film due volte, prima che siano stati girati (sotto forma di tasse) e poi per l’acquisto dei diritti dei film medesimi. Ma dall’uomo che all’inizio legislatura tentò di far passare una legge per introdurre lo studio dell’esperanto nelle scuole (http://www.camera.it/_dati/lavori/schedela/apriTelecomando_wai.asp?codice=15PDL0009970), ci si aspetta anche l’impossbile.
2 - L'ITALIA SUL CINEMA VUOL ESSERE PIÙ FRANCESE DEI FRANCESI
Jacopo Tondelli per il "Riformista"
A cogliere per primo una tentazione di dirigismo cinematografico a vantaggio dei soliti noti era stato già in settembre Beppe Grillo. Sul tavolo non c'era ancora la recente proposta di Rifondazione comunista firmata per primo da Giovanni Russo Spena, ma una prima proposta ulivista di riassetto degli interventi pubblici a favore dell'industria cinematografica italiana, presentata il 28 aprile 2006 e assegnata alla commissione Finanze in agosto. Il disegno di
legge a firma di Andrea Colasio, deputato padovano e responsabile cultura della Margherita, era stato criticato da Grillo che puntava il dito contro la proposta d'introdurre una tassa di scopo sugli internet provider che trasmettono contenuti audiovisivi, per «pagare lo stipendio di registi falliti».
I proventi del nuovo prelievo del 3,5%, replicava Colasio, servivano a generare un «circolo virtuoso» a favore dell'industria cinematografica, che ha ancora «bisogno d'aiuto». Nel contesto del circolo virtuoso, trova posto anche la nascita di una nuova agenzia «indipendente», quella «per il cinema e l'audiovisivo», prevista dall'ol-tremodo contorto articolo 5. A difesa del disegno di legge, Colasio portava l'autorevole modello ispiratore, che sta «in Francia, nazione di cui non si può dire certo che manchi di attenzione alla cultura e alle nuove tecnologie». I profumi della rive gauche, peraltro, sono decisamente più forti nell'ultima proposta-vespaio, quella firmata da 27 parlamentari di Rifondazione e assegnata alla commissione Istruzione. Colasio,
infatti, dal modello parigino mutua solo il principio di raccolta a largo spettro delle risorse finanziarie, arrivando così ai provider, per destinare poi il raccolto alla nuova agenzia, che dovrebbe, da ultimo, pensare al finanziamento delle produzioni.
La proposta comunista, invece, getta il cuore oltre l'ostacolo: se protezionismo autarchico ha da essere, che sia, ma per davvero. E così, armare la norma che qualche ilarità ha suscitato nei giorni scorsi, che vorrebbe consentire di «distribuire una pellicola non comunitaria doppiata in italiano solo in abbinamento con una pellicola italiana o comunitaria di nuova produzione». Dato che il modello francese è rivendicato come ispiratore di entrambi i ddl, è forse utile fornire alcuni dati su cosa il "sistema francese" è davvero.
Un primo pilastro della produzione assistita transalpina è lo strumento della tassazione di scopo, distribuita in misura decrescente sui principali momenti di fruizione del prodotto cinematografico: sul prezzo del posto in sala, sul fatturato dei canali televisivi, sul prezzo dei dvd e sul video on demand. Un sistema costoso ma efficiente nel sostenere il cinema nazionale, non c'è dubbio, che non potrebbe comunque tenere senza la seconda gamba del sistema francese: una serie di vincoli al sistema televisivo quando si fa veicolo di contenuti cinematografici, a tutta tutela del "cinema al cinema" ma anche, di fatto, delle tv a pagamento. La legge francese vieta infatti alle emittenti televisive di proiettare più di 192 film all'anno e più di 144 film in prima serata, sei film su dieci devono obbligatoriamente essere europei, mentre uno su quattro deve mostrare passaporto francese. La rigida griglia che di fatto ingabbia i palinsesti
televisivi, pubblici o privati che siano, ha garantito negli anni il mantenimento di un buon livello di affluenza alle sale, ma ha anche abbattuto lo share della programmazione filmica "contingentata" in tivù, con ovvie ricadute negative sulla pubblicità. Tanto che, alla fine, molte emittenti stanno ben al di sotto del pur avaro tetto legale, preferendo sit-com americane agli epigoni della nouvelle vague, più redditizie in termini di raccolta pubblicitaria e però capaci di sfuggire alle rigorose maglie dell'autarchia legale. In Italia intanto, nel 2005, Rai Uno ha proiettato 363 film, Rai Due 183, Rai Tre 571, Rete 4 1094, Italia 1 655, Canale 5 431, La7 532. Di mettere mano agli aspetti inerenti la programmazione cinematografica in tivù, lasciata intatta dal ddl Colasio, si occupa invece un'altra proposta degli stessi 27 volonterosi di Rifondazione, il ddl 1130, assegnato senza troppi clamori alla commissione già a dicembre, e gemello di quello che ha sollevato il recente polverone. Alla stretta prevista sulla distribuzione nelle sale, infatti, si affiancherebbe una morsa sulle proiezioni televisive comparabile a quella francese, introducendo obblighi di quote nazionali e continentali ancor più severe e prevedendo, all'articolo 2, che almeno il 70% della programmazione cinematografica televisiva sia riservato a opere europee, e almeno metà di queste - vale a dire il 35% complessivo - sia destinato a opere italiane. E forse i dati sul cinema in tivù nella Francia protezionista sono sconfortanti, il ddl 1130 inverte il sistema francese: invece di un tetto massimo che il mercato finisce col rendere persino abbondante, prevede un tetto minimo - il 50% della durata complessiva delle trasmissione mensile, per ogni emittente, in ogni fascia oraria - riservato a opere europee di cui almeno metà, ancora una volta, devono recare un imprimatur tricolore.
Questo dibattito e le proposte di legge lasciano tuttavia una speranza: che si apra una discussione franca sullo stato dell'arte; che sbandierando il sistema francese se ne verifichi la funzionalità reale, e si rifletta sull'ennesima incoerenza che il concetto d'italianità, non del sistema ma del prodotto, ingenera in chi se ne serve, a seconda dei campi di applicazione; che si guardi, infine, con un po' di disincanto al percorso che dal 1965, anno in cui fu introdotta la legge Corona sui finanziamenti, ha portato agli odierni risultati, con il settore in infinita crisi e il cinema italiano alla provincia della produzione mondiale.
E si guardi a come, di anno in anno, si fa più ricca l'impressionante collezione di flop finanziati dallo Stato tra i quali non si rinviene, purtroppo, un nostrano Barry Lyndon, con cui Stanley Kubrik fu bocciato e sbeffeggiato in sala ma poi doverosamente risarcito dalla storia, dalla critica e dal pubblico di diverse generazioni. All'indomani dell'approvazione di quella legge, il 5 novembre del 1965 V Unità titolava «Approvata la legge contro il cinema», sparando a panettoni contro il timore di un'egemonia democristiana a spese pubbliche. Peccato che chi rifonda, talora, si dimentichi le parole di chi fondò.
Dagospia 31 Gennaio 2007
--------------------------------------------
Un bel documentario di Rai 3 (a mezzanotte) riapre il dibattito Veltroni: tv, la realtà in prima serata
Da «Comizi infantili» parte l'appello del sindaco di Roma a Petruccioli e Cappon, presidente e direttore generale della Rai
Caro Claudio, caro Claudio,
mi rivolgo direttamente a voi conoscendo la vostra sensibilità culturale, così come la competenza e la passione con le quali svolgete il vostro lavoro di Presidente e Direttore Generale della Rai.
Mercoledì scorso, attorno a mezzanotte, ho visto sulla Rete Tre «Il Futuro (Comizi infantili)», e mi è capitato così di assistere a un programma nel quale, come purtroppo sempre di meno oggi succede, la forza delle immagini, la sapienza del montaggio, la cura delle domande e un uso mai invadente delle riprese hanno prodotto un momento di grande televisione, un momento di bellezza e di profondità che mi ha ricordato, per certi versi, il ritratto indimenticabile dell'Italia che Pasolini ci regalò con Comizi d'amore.
Le risposte dei bambini intervistati, decine di volti e di voci di diverse città, di diversa estrazione sociale, ma tutti di quell'età «misteriosa» che è la preadolescenza, hanno raccontato le proprie inquietudini, i propri sogni, le proprie opinioni su temi che, a dispetto di quanto comunemente pensiamo, parrebbero lontani da un mondo e un modo di essere troppo spesso derubricato da noi adulti come frettoloso e spensierato. Dallo schermo, invece, i loro pareri sulla famiglia, sulla salute, sulla guerra, la religione, sugli altri e su se stessi, hanno composto un mosaico a mio avviso prezioso e confortante per delicatezza e profondità, confermando come la realtà umana che compone il nostro Paese sia probabilmente migliore dell'immagine che troppo spesso gli stessi media ci rimandano. I nostri ragazzi non solo vedono la realtà molto più profondamente di quanto noi crediamo, ma spesso sono in grado di fornirci risposte e indicazioni fulminanti e penetranti, come quando, a una domanda attorno al dispiacere provocato dal «vedere» i poveri attorno a lui, con una naturalezza insospettabile, un bambino ha risposto che avrebbe preferito che non ci fossero, le persone povere, e non semplicemente «non vederle».
La Rai, l'altra notte, ha offerto a noi adulti uno splendido modo per conoscere il punto di vista dei nostri figli verso tutto quello che li circonda e ci circonda. Ci ha portato dentro il loro mondo e dentro il mondo visto da loro. Mi rendo conto delle esigenze e dei meccanismi del sistema televisivo, ma io credo che un servizio pubblico dalle tradizioni grandi come quelle della Rai, ha in sé la forza e l'autorevolezza per compiere scelte di questo tipo, per presentare più spesso in orari praticabili a tutti programmi come questo, o come «La grande Storia», come «La Storia siamo noi», come tutte quelle trasmissioni che sanno sfruttare le potenzialità della televisione per raccontare quello che siamo stati e siamo, i sogni che attraversano le generazioni, i mutamenti della società, la poesia e l'epica che, pure, esiste nella minuta vita quotidiana di ognuno di noi.
Non so quale sia stato l'ascolto del documentario dell'altra sera, né del resto credo sia importante saperlo, considerando l'ora tarda. So però che sarebbe bello avere più possibilità di uscire dalla velocità e dall'immediatezza, per fermarsi a riflettere sul fatto che un ragazzo di dodici o tredici anni oggi risponda, a chi gli chiede dei suoi timori, del suo stato d'animo, che ha «paura del futuro». Perché non decidere, allora, di dedicare a questi programmi, almeno una volta la mese, uno spazio in prima serata? Perché non provare a farne un evento, pensato, costruito, come quelli che hanno fatto la storia della nostra televisione e dei quali ancora c'è bisogno? Non è la consueta proposta della «cultura» in prima serata, ma l'idea della materia più forte dell'immaginario, la vita, da mettere in primo piano. Forse si tratta di una scommessa, ma credo sia una scommessa da fare.
Puntando sulla curiosità e il talento che i nostri giovani dimostrano ogni giorno in tanti campi, puntando sull'esigenza sempre più forte di riflessione e di conoscenza dimostrata dall'imponente quantità di persone che affollano i Festival di Letteratura, di Filosofia e di Scienza, le mostre d'arte, le lezioni divulgative di Architettura o di Storia, tutte quelle occasioni in cui qualità apparentemente poco «appetibili» come l'attenzione, il ragionamento, la fantasia, la comprensione, sono invece ingredienti ricercati e apprezzati per arricchire la propria esistenza. Sono questi stessi giovani, sono queste stesse persone che la sera, a casa, di fronte alla televisione, sono certo sarebbero liete di affacciarsi con sensibilità e intelligenza sulla vita e sul mondo.
Walter Veltroni
02 febbraio 2007 http://www.corriere.it/Primo_Piano/Spettacoli/
-------------------------------------------
Scommettiamo che ora la bella Benedetta Valenzano acquisirà le prime pagine della "cultura" italiana????
C’ha ragione la sora Veronica, una vita di stenti e di privazioni: scopa, lava, stendi, stira, pulisci il sedere ai ragazzini, allatta, consola, strilla, paga l’affitto, fai la spesa, stai in fila alla posta, cucina, impana, lessa, friggi, inforna, risparmia pe’ arrivà alla fine del mese; mai una distrazione, salvo le riunioni di condominio e due settimane, se ce scappano, sulla spiaggia libera di Ladispoli. E l’omo vorrebbe pure che tu sia anche sua madre, moglie, sorella, amante. Certo che poi volano vaffanculo, mortaci e spiacevoli diàtribe: io a pecorina? ma te ce metti tu, brutto zozzone. Così, una qualsiasi donna del popolo un po’ incazzata.... (da Dagospia)
“LE MONDE”: ’LA CRISI DEI BERLUSCONI EVIDENZIA IL RUOLO AMBIGUO DELLA DONNA IN ITALIA’
’I problemi della coppia - scrive Le Monde – hanno mobilizzato parlamentari, vescovi e ministri. Perfino il ministro degli Esteri Massimo D’ Alema ha commentato il caso, nonostante fosse in visita ufficiale in Giappone’.
-------------------------------------------
http://www.lasicilia.it/
Taocinema, il comando passa alla vice-Laudadio
TAORMINA(MESSINA) - E' Deborah Young il nuovo direttore artistico del Festival internazionale del cinema di Taormina, quest'anno giunto alla sua 53esima edizione, che come tradizione si svolgerà per una settimana nel Teatro greco della cittadina a partire dalla seconda metà di giugno.
Young, che ha lavorato per cinque anni a fianco dell'uscente direttore artistico Felice Laudadio come vicedirettore, è stata nominata dal comitato di Taormina arte, costituito dal sindaco di Taormina Carmelantonio D'Agostino, dal presidente della Provincia regionale di Messina Salvatore Leonardi e dal sindaco di Messina Francantonio Genovese.
"Darò vita a un festival che rispetterà la tradizione - dice -, rappresentato per eccellenza dalle 'lezioni di cinema', diventate ormai un must della manifestazione; ma con apertura anche all'innovazione e all'internazionalizzazione di Taormina. Penso, infatti, che questo festival abbia tutti i requisiti per diventare un punto di riferimento al pari di Cannes e Venezia".
Per questo Young pensa di dedicare, all'interno del festival, "sezioni destinate unicamente a produzioni dei paesi del Mediterraneo - continua - del Medioriente e dei Paesi arabi. Il mio scopo è doppio: rivalutare filmografie come quella iraniana, ancora poco conosciute, e dare vita ad una 'cordatà filmografica del Mediterraneo per la quale Taormina si configuri come la sede cultural-cinematografica di riferimento".
Alla filmografia americana sarà destinata, invece, una sezione ad hoc 'Oltre il Mediterraneo'. Tra i propositi di Young c'è anche quello di ripristinare i cortometraggi siciliani "per dare spazio - spiega - anche ai giovani produttori dell'Isola e invogliarli a non abbandonare la Sicilia né come sede di produzione né come location".
Il festival quest'anno prevede anche la realizzazione di una retrospettiva completa delle opere del regista Giuseppe Tornatore, tra cui 8 cortometraggi, documentari, spot pubblicitari e una mostra inedita di 80 fotografie realizzate sul set del film "Nuovo cinema paradiso".
"Si vuole realizzare un lavoro di alta qualità - dice Ninni Panzera, segretario generale di Taormina arte -. Per questo sarà probabilmente ripristinata la manifestazione 'I nastri d'argento' che si svolgeranno subito dopo il festival, ma in sinergia mantenendo una loro identità e autonomia".
02/02/2007
-------------------------------------------
Nel 2006 sono stati 92,2 milioni i biglietti venduti nelle sale cinematografiche italiane secondo i dati Cinetel, rilevati sull’85% delle sale italiane. Rispetto al 2005 l’incremento è
dell’1,65%. Per quanto riguarda i film italiani, le vendite sono salite dai 22,5 milioni di biglietti del 2005 ai 23 milioni del 2006, che corrispondono al 25% del mercato. La notizieè ripresa da Notizie di spettacolo, agenzia settimanale dell’Agis.
------------------------------------------
(Adnkronos) - "Non e' una magnifica pagina di giornalismo. E' giornalismo da guardoni. Un fatto spiacevole, che riguarda vicende private su cui c'e' troppa enfasi mediatica". Lo ha detto il senatore di Alleanza nazionale, Francesco Storace, ai cronisti che a palazzo Madama gli hanno chiesto un commento sulla lettera della signora Veronica Lario a 'La Repubblica'.
Maria Laura Rodotà per Corriere.it
Ma che succede? E’ il miglior reality della stagione? E’ un grandioso remake di Casa Vianello? E’ un punto di svolta della condizione femminile in Italia? E’ un’idea di Berlusconi (magari sì, il più grande intrattenitore italiano sta già spazzando gli altri leader e i forse successori, al confronto noiosissimi)? Ancora non si sa. Però si sa, si sapeva, che nel suo vivere ritirata Miriam Bartolini, nome d’arte Veronica Lario, è una che si è creata una parte originale e spiazzante nella commedia italiana, e continua a spiazzare.
--------------------------------------------
http://www.repubblica.it/ - SPETTACOLI & CULTURA
Stampa"Zoo", diretto da Robinson Devor, squarcia il velo sul fenomeno. Prendendo spunto
da un fatto di cronaca del 2005: un uomo morì durante un
rapporto con un cavallo
Sesso uomo-animale, tabù e scandalo
Un documentario di scena al Sundance
La pellicola viene definita "strana e stranamente bella" dal Los Angeles Times.
Il regista: "Sono cose che accadono, e tutto ciò che è umano non mi è estraneo"
di CLAUDIA MORGOGLIONE
E' uno dei pochi tabù che resistono ai tempi. Forse l'ultimo. Almeno al di fuori della ristretta cerchia degli iniziati, o degli amanti del porno estremo. Ma adesso, a squarciare il velo sul fenomeno dei rapporti sessuali uomo-animale, arriva un serissimo documentario presentato, in anteprima, al Sundance Festival targato Robert Redford. Alla rassegna di cinema indipendente di Park City - sicuramente la più interessante nel suo genere, e forse anche la più snob, del panorama internazionale - va in scena "Zoo", per la direzione di Robinson Devor. Un nome che deriva dall'appellativo con cui si autodefinisce la comunità web degli amanti di questo genere di sessualità: zoos, appunto. Giudicato dall'autorevole Los Angeles Times "notevole, elegante, lirico", e ancora "strano e stranamente bello", il film prende spunto da un fatto di cronaca avvenuto a Seattle, e di cui il regista venne a sapere dai giornali: nel 2005, un residente in quella città morì durante un rapporto sessuale con uno stallone arabo. Da qui la curiosità dell'autore verso un fenomeno così nascosto, così oscuro. Non illegale, nello Stato di Washington (non esiste un articolo del codice che punisce la cosiddetta bestiality); ma comunque assai poco conosciuto. Un'inchiesta filmata da cui è nato il documentario di scena al Sundance. In cui si mescolano interviste solo audio - due dei tre uomini che hanno fornito testimonianza sulla loro vita sessuale con gli animali non si sono fatti riprendere - con ricostruzioni grafiche per rendere in qualche modo (più
concettuale che realistico) l'idea delle atmosfere, degli impulsi che agitano la comunità degli zoos. Certo, Devor - definito da Variety, nel 2000, uno dei dieci registi da tenere d'occhio per il futuro - non ignora che un film con un simile argomento solletichi la curiosità da tabloid, verso quello che lui stesso ha definito "uno spettacolo pruriginoso". Ma, malgrado i rischi, l'operazione artistica da lui compiuta è, a suo giudizio, totalmente legittima: "Anzi - ha proseguito - sono rimasto scioccato dal fatto che finora nessuno aveva approfondito un tema del genere. Non esiste nemmeno un rapporto investigativo, che faccia un po' di luce. E allora ho capito che questo vuoto, per me, costituiva un'opportunità".
Questo non toglie che, come il suo autore ha ammesso presentando la sua fatica al pubblico del Sundance, si tratti di "un film difficile, e difficile da realizzare. Molte persone mi hanno chiesto se lo facevo per motivi ignobili, o per guadagnare denaro. O, semplicemente, mi hanno domandato: 'Perché hai fatto questo film?'". Quesito effettivamente ovvio, vista la materia esplosiva maneggiata nella pellicola. Ma Devor ha difeso con forza l'importanza del suo lavoro: "Io considero che nulla di umano sia alieno da me - ha concluso - e questa cosa (il sesso uomo-animale, ndr), accade davvero. E dunque, è parte di ciò che siamo". (22 gennaio 2007)
------------------------------------
RIFONDAZIONE RIFONDA IL CINEMA ITALIANO – PRONTO UN PROGETTO DI LEGGE PER “NAZIONALIZZARE” LE SALE: NON POTRANNO PROGRAMMARE PIÙ DI UN FILM EXTRACOMUNITARIO OGNI DUE COMUNITARI, DI CUI UNO ITALIANO – DOLORI PER MEDUSA E RAICINEMA…
Da "Italia Oggi"
Sylvester Stallone sarà costretto al doppio passaporto, rivendicando le origini italiane, per potere trasmettere a Roma o Milano il suo “Rocky Balboa”. Gabriele Muccino ha appena compiuto la regia più inutile della sua vita: il suo fresco “La ricerca della felicità” ha un difetto d'origine: la produzione americana. E un aggravante: la scelta come attore principale di Will Smith, attore indubbiamente americano. Fra non molto rischierebbe di venire bandito dalle sale italiane.
Così sarà inutile a tutti i giovani registi di belle speranze cercare per il proprio film di esordio il cammeo di un grande attore di Hollywood (e perfino di Bollywood), un Robert De Niro, un George Clooney o un Richard Gere: vietato. L'Italia cinematografara sta per tornare ai fasti de “La corazzata
Potemkin” e alla libera fantasia del suo regista, Sergei Mttkhailovich Ejzenstejn, cantore dell'impero sovietico che per tre volte ritrattò i propri sogni pur di lavorare. Il partito di Franco Giordano, Rifondazione comunista, con un pizzico di nostalgia per i bei tempi del comunismo d'autore e in testa il sentimento antiamericano di questi anni, ha sfornato la sua riforma della cinematografia italiana. Un disegno di legge già assegnato in Senato alla commissione cultura, dal titolo imperativo «Disposizioni in materia di cinematografia», con la prima firma del capogruppo Giovanni Russo Spena e dietro quella di tutti i senatori rifondaroli. L'idea base, un po' leghista, è proprio quella della nazionalizzazione del cinema italiano: tutto in mano allo stato, togliendo a Francesco Rutelli la direzione ad hoc del suo ministero e assegnando il nobile compito di finanziare, controllare e vigilare sulle pellicole in circolo al nascente Cnc, sigla un po' da comitato centrale, ma che sta per «Centro nazionale per la cinematografia».
Prima vittima del disegno di legge, manco a dirlo, Silvio Berlusconi: Mediaset dovrà rescindere ogni cordone ombelicale dal cinema. Giampaolo Letta e la sua Medusa dovranno trovarsi un altro mestiere. Un po' sollevati dalla par condicio: lo stesso slogan «Giù le mani dal cinema», verrà applicato per la Rai, quindi per Giancarlo Leone e la sua Rai Cinema. In questo caso con ferite minori: almeno Leone un secondo lavoro l'ha già trovato: fare il vicedirettore generale della tv di Stato. Seconda vittima, seconda B: è quella dell'odiato George W. Bush, simbolo del cinema americano. Case di distribuzione e
sale cinematografiche non potranno programmare che un film extracomunitario ogni due comunitari (di cui un italiano). Pena la chiusura della sala o pesanti sanzioni economiche. Per essere italiano un film dovrà avere «regista italiano, sceneggiatore italiano, produttore italiano, interpreti principali italiani, interpreti secondari italiani, direttore della fotografia italiano, montatore italiano, autore della musica italiano, scenografo italiano, costumista italiano,
troupe italiana, riprese in esterni e interni effettuate in maggioranza in Italia, uso di industrie tecniche italiane e uso di teatri di posa italiani».
Guai a prevedere un viaggio a Parigi! Naturalmente film così non incasseranno un euro. Ma «se l'incasso diventa», spiega il ddl, «l'unica spinta a promuovere un'opera, diventerà sempre più raro assistere a film di più difficile visione e soprattutto sarà ogni giorno più scontata l'occupazione delle
sale da parte della cinematografia d'oltreoceano». Per i titolari di sale niente paura: il mancato incasso verrà rimborsato dallo stato sulla base del botteghino di Rocky & e.C.
Dagospia 23 Gennaio 2007
------------------------------------
Caro Dago, le dichiarazioni di Veronesi, dopo gli straordinari risultati ottenuti dal suo film nel primo weekend di programmazione, mi hanno lasciato molto perplesso.
Intanto, Veronesi finge di non sapere una regola base dei risultati del primo fine settimana: qualsiasi essi siano, non hanno nessun rapporto con la qualità del film, ma semplicemente con il marketing e l'interesse che suscita il titolo in questione. Il passaparola (positivo o negativo che sia) arriva solo successivamente. E' impossibile quindi parlare di passaparola (sul quale, francamente, dai giudizi di comuni spettatori che sento, non sarei così ottimista, ma vedremo...), perché la gente finora è andata al cinema solo per l'interesse suscitato dal sequel di un film di successo, come capita peraltro quasi sempre alle pellicole di questo tipo (che magari ottengono un primo weekend straordinario, ma poi calano molto, come naturale). E che significa dire che "La partenza di venerdi' era stata esorbitante, ma in due giorni si e' piu' che raddoppiato l'incasso"? Tutti i film incassano di più sabato e domenica,
qual è la novità epocale? D'altronde, lo stesso Veronesi parla di "successo annunciato", quindi non è il caso (almeno per ora) di parlare di apprezzamento del pubblico verso il film.
Sul resto, non so che dire. Fermo restando che, di fronte ad una 'vittoria' del genere, si potrebbe essere più signorili (anche perché, non si capisce la ragione per cui uno che fa tutti quei soldi debba preoccuparsi del parere di qualche giornalista), non vedo cosa ci sia di sconvolgente nel fatto che i critici di Repubblica e Il messaggero la pensino in maniera opposta. Veronesi è per il pensiero unico?
Infine, detto che Veronesi e Verdone sono due grandi
professionisti della commedia all'italiana, direi che (auto)paragonarsi (come fa implicitamente il regista parlando de Lo sceicco bianco) a Fellini e Sordi, non sia proprio una grande idea...
Colinmckenzie - http://www.badtaste.it
----------------------------------------
http://www.sorrisi.com
«Sorrisi» ricorda Humphrey Bogart a 50 anni dalla morte -
Mezzo secolo fa moriva uno dei divi leggendari della Hollywood classica. Lo ricordiamo con un profilo, le parole di François Truffaut e un passaggio dell’elogio funebre pronunciato da John Huston
16/1/2007
di Mauro Marchesini
UN GHIGNO PER TUTTE LE STAGIONI
Fisico smilzo e carattere spigoloso, Humphrey DeForest Bogart, classe 1899, una benestante famiglia borghese alle spalle, scopre il cinema nel 1930, ma è soltanto sei anni più tardi, dopo una massiccia gavetta, che conosce il primo successo: «La foresta pietrificata», il film dove interpreta un gangster dall’anima non banale, una figura che ritroveremo spesso nell’arco della sua filmografia. È però il decennio seguente, compreso tra «Una pallottola per Roy» e «I bassifondi di San Francisco», a sancire la progressiva affermazione di un divo che diventerà sinonimo di modi asciutti, solitudine stoica, cuore ruvidamente romantico, violenza quasi mai gratuita, autonomia di giudizio e ironia sottotraccia. Perché se il detective privato Sam Spade («Il mistero del falco», ’41), come il più tardo fratello e alter ego Philip Marlowe («Il grande sonno», ’46), frequentano il marcio del mondo, lo fanno tenendo sempre vivo un barlume di codice etico. E se il Rick di «Casablanca» (Il Titolo Cult per eccellenza, ’43), il Frank McCloud di «L’isola di corallo» (’48) e l’Harry Morgan di «Acque del Sud» (’44) sembrano innamorati esclusivamente della loro squallida ”pace”, in realtà si rivelano degli insospettabili idealisti.
Il compito di Bogart, al di là delle differenti peripezie e dei diversi personaggi, rimarrà dunque uno solo: raccontare il duello tra il desiderio (l’impulso) di liberare le emozioni e la mai sconfessata, altrettanto implacabile, necessità di “autocensura”. A sedurre lo spettatore, merito di una maschera dove si fondono meravigliosamente disincanto paradiso perduto pragmatismo, sarà proprio quel confronto gestito senza clamori e senza stonature.
Doppiati gli Anni 50, nelle quindici esibizioni che lo separano dalla morte sopravvenuta nel 1957 per cancro, il duro che possiede il ghigno più famoso della storia del cinema si concede alcune licenze (le commedie riuscite come «Sabrina» e quelle meno riuscite come «Non siamo angeli»), ma soprattutto
rivisita e/o reinventa, aggiungendo tocchi inediti, tre ruoli: l’avventuriero, il combattente e il bandito.
Con il primo incontro («La Regina d’Africa», l’unico Oscar nonchè il migliore dei 5 film girati sotto la guida di John Huston) «seppellisce» il cinico sedotto suo malgrado dall’azione; con il secondo esplora l’intrattabile confine tra uomini coraggiosi e codardi («L’ammutinamento del Caine»); con il terzo («Ore disperate», forse il meno invecchiato dei titoli citati) ripropone per l’ultima volta la danza macabra di un individuo, l’evaso Glenn Griffin, prigioniero del demone dell’autodistruzione.
Rivedendo ciò che ci ha lasciato, oggi però forse restiamo in particolare ammirati da una costante, la capacità di far brillare, comunque e dovunque, un residuo di dignità. Ciò che Bogart faceva, lo faceva meglio di chiunque. Poteva recitare più a lungo di un altro senza parlare. Minacciava come nessun altro e macchinava ammirevolmente i suoi colpi. Si potevano strizzare le sue camicie tanto sudava, quando c’era da sudare.
Humphrey Bogart aveva una bella testa da duro: gli si addicevano il sudore e lo sforzo con John Huston, la violenza calcolatrice con Nicholas Ray, l’intelligenza fredda e lucida con Howard Hawks. Questo volto affascinante in uno dei suoi ultimi film arriva al sublime, «L’ammutinamento del Caine»,
1954: nel ruolo di un generale, un osso duro, Bogey apparve come era veramente, perché non si truccavano gli attori nei vecchi film Technicolor. Si vedeva per la prima volta sul suo labbro superiore la cicatrice lasciatagli molto tempo prima, in marina, da una scheggia di legno mentre lucidava il ponte
con un fondo di bottiglia.
Humphrey Bogart era un eroe moderno. Non gli si addicevano i film in costume, storici o di pirati. Era l’uomo dello starter, del revolver nel quale non è rimasta che una sola pallottola, l’uomo dal cappello che cambia forma sotto le sue dita a seconda che si tratti di esprimere collera o gioia, l’uomo del microfono: «Hallo, hallo, a tutte le auto…».
(F. Truffaut: “I film della mia vita”, Marsilio Editori, Venezia 1978)
L’ELOGIO DI HUSTON: «H.B. è morto lunedì mattina»
Col passare degli anni era diventato sempre più consapevole della dignità della sua professione. Attore, non divo: attore. Non si era mai preso troppo sul serio, ma al lavoro teneva enormemente. Considerava l’immagine un po’ chiassosa del divo Bogart con cinismo divertito, ma aveva molta stima per Bogart l’attore. Coloro che non lo conoscevano bene, che non avevano mai lavorato con lui, che non appartenevano al piccolo gruppo dei suoi amici intimi, avevano dell’uomo un’idea assai diversa da quella dei rari privilegiati. Credo che coloro che lo conoscevano poco fossero i più svantaggiati, soprattutto se si trattava di gente impregnata della propria importanza nel mondo del cinema. Gli alti papaveri avevano imparato a tener lontani i loro colli da certi brillanti ricevimenti di Hollywood piuttosto che esporli alle “banderillas” di Bogart. In ciascun bacino di Versailles c’è un luccio che obbliga le carpe a tenersi in esercizio, altrimenti ingrasserebbero sino a morirne. Bogie s’assumeva, con raro piacere, lo stesso compito nelle fontane di Hollywood. (M. Morandini: “John Huston”, La Nuova Italia Editrice, Firenze 1980)
----------------------------------------------
la Repubblica_Bologna
Future Film
Le cine-avanguardie tecnologiche di
Fernando Pellerano
Animazione, 3D, effetti speciali in viaggio verso il futuro. Il meglio della produzione mondiale - film, corti, serie tv, registi, autori, disegnatori, case di produzioni - per cinque giorni si ritroverà a Bologna grazie al Future Film Festival, la più importante vetrina internazionale d´Europa (insieme a "Imagina" di Montecarlo) dedicata all´immaginario digitale, arrivata alla sua nona edizione.
Inaugurazione domani, fra Palazzo Re Enzo e le sale del Capitol, con le prime proiezioni fra le quali spicca l´anticipazione in anteprima mondiale di "The Simpson Movie": 10 specialissimi minuti commentati da Toni Accolla, voce italiana di Homer, e dalla bolognese Silvia Pompei, animatrice del film che è ancora in lavorazione (alle 17 al Capitol 1).
Ma questo è solo l´inizio di un Festival ricchissimo con 17 anteprime nazionali, diversi concorsi tematici, incontri con autori di fama internazionale, workshop, omaggi a grandi case di produzioni, rassegne dedicate a scenari mai esplorati come l´animazione iraniana e cinese, uno sguardo ai videoclip e ai videogiochi, e proiezioni non-stop nelle quattro sale del Capitol.
Tanto per chiarire, l´eccellente Festival diretto da Giulietta Fara e Oscar Cosulich che si chiuderà domenica 21 con un´altra prestigiosa anteprima nazionale, quella del nuovo film di Luc Besson "Arthur e il popolo dei Minimei", non è un appuntamento per soli bambini, anzi: «il 90% delle proiezioni», ha precisato Cosulich, «riguarda produzioni rivolte ad adulti». Per trovare film per bambini occorre studiare attentamente il programma.
Dal Giappone alla Danimarca, dagli Stati Uniti alla Francia il FFF porta dunque a Bologna l´avanguardia tecnologica mondiale applicata al cinema e grandi personaggi che spiegheranno come lavorano oggi e come domani. Per uno sguardo completo sull´immenso palinsesto: www.futurefilmfestival.org, e poi l´elenco di altri appuntamenti particolari: sabato 20, alle 16, verrà presentato in anteprima l´evento mediatico giapponese della serie tv "Nana", in Italia su Mtv; altra news di Mtv con la serie tv culto degli States "The Boondocks" (in strisce su Linus), venerdì 19, alle 22.30; stesso giorno, alle 15, incontro con la Aardman Animation che, dopo i successi in plastilina di "Wallace & Gromit", racconterà del suo primo lungo in 3D, "Giù per il tubo"; tre appuntamenti per giovedì: alle 17 l´incontro al Capitol con il grande Quino di Mafalda che presenterà le animazioni tratte dai suoi successi, quindi dalle 10 alle 19 l´omaggio ai 50 anni di Carosello con la casa di produzione Gamma di Roberto e Gino Gavioli a Palazzo Re Enzo, e, sempre lì, nel cosiddetto Future Village, alle 10, la presentazione dei lavori di 10 case di produzioni operanti sulla via Emilia (fra cui la Delicatessen di Reggio che ha firmato la sigla animata del FFF), confrontate e commentate da tre esperti di grandezza mondiale della Filmax Animation, della A. Film e di Laika Films.
Ma il sodalizio tra FFF e Bologna è stato a rischio. I corteggiamenti al festival ci sono stati ma "non siamo all´asta" assicura Cosulich alle domande di un possibile trasferimento della kermesse, e con se´ dei suoi 30 mila visitatori. "Abbiamo ricevuto delle offerte, ma a Bologna ci troviamo bene" ribadisce Cosulich, che però ammette: "Con un budget di 260 mila euro compriamo solo le spese".
Infatti, il sostegno delle istituzioni al FFF è minimo: il Festival costa 260 mila euro, 25 mila arrivano dalla Regione, 5 mila dalla Provincia (ma destinati alla rassegna FFKids), 15 mila dalla Fondazione del Monte e zero dal Comune (l´anno scorso 50 mila, al resto ci pensano gli sponsor con Lancia a quota 50 mila), come ha confessato l´imbarazzato e dispiaciuto assessore Guglielmi: «situazione difficile, andrà meglio nel 2008, ci teniamo a questo Festival».(16 gennaio 2007)Torna indietro
----------------------------------
la Repubblica_Torino
Dopo 24 anni l´Associazione perde il suo ideatore: se ne va anche Gorlier
Gestirà il marchio per altri dodici mesi, ma dopo l´addio del professore non serve più
Rondolino si dimette - "Cinema giovani" orfano - di
Leonardo Bizzaro
Era nata solo come ente giuridico in grado di ottenere i contributi degli enti pubblici Vattimo il primo presidente
Nei decenni ha raccolto chi organizzava la rassegna È stata all´inizio un pensatoio poi un luogo di litigi feroci Cinema Giovani è diventato grande nel 1997, quando sui manifesti è apparso il nome nuovo di Torino Film Festival. Cinema Giovani rischia di morire adesso, paradossalmente quando Nanni Moretti, uno degli sponsor suoi più convinti, accetta finalmente di mettersi al timone del Festival. La chiusura di una vicenda sanguinosa rischia così di affossare definitivamente l´Associazione che si è trovata nell´ultimo mese alla ribalta, forse più di quanto lo era stata nei ventiquattro anni di vita. E serve a poco che nella riunione di ieri abbiano ritirato le dimissioni e siano stati riammessi i due grandi accusatori Barbera e Della Casa, assieme a Paolo Manera, Davide Bracco e Valerio Castronovo.
È questa la grande sconfitta della svolta di ieri. L´Associazione Cinema Giovani rimane proprietaria del marchio per un anno, si è convenuto, ma il destino è segnato. Le dimissioni di Rondolino da presidente in fondo stanno a significarlo. E quelle a ruota del vicepresidente Gorlier lo ribadiscono. Si è chiusa un´epoca, aperta nel 1981 con l´offerta dell´allora - e anche adesso - assessore Alfieri al regista Ansano Giannarelli e al professore e critico Gianni Rondolino: un festival che portasse a maturazione quei semi di cinema così diffusi a Torino, all´università e fuori. Il progetto fu presto fatto, l´anno dopo un gruppetto di appassionati era pronto a partire, accademici e cinefili raccolti nei cineclub, non astratti teorici ma frequentatori di «pidocchietti» abituati a sporcarsi le mani con pizze e proiettori. L´Associazione Cinema Giovani nacque allora, quasi per caso. Non ce n´era bisogno per governare la rassegna, ma assai banalmente serviva un soggetto cui destinare i finanziamenti pubblici. Ai primi soci - oltre a Rondolino e Giannarelli, c´erano Gorlier, Ventavoli, Vattimo che fu il primo presidente - si aggiunsero via via Barbera e Della Casa, poi Manera e Bracco, Turigliatto, D´Agnolo Vallan, Zanetti.
L´Associazione diventa una sorta di circolo nel quale si ritrova chi sta dietro al Festival. Un pensatoio prima, poi una riunione condominiale, quando gli attriti fra le due anime si fanno più roventi. Viene riunita una volta all´anno per approvare i bilanci, ogni tot per dire sì ai direttori peraltro scelti da Rondolino. Per il resto, è più che altro un elenco di nomi nelle prime pagine dei cataloghi del Torino Film Festival. Fino alle ultime settimane, quelle del litigio finale. Si spacca, con l´addio dei cinque poi riammessi ieri, ma viene comunque riunita sette volte in una manciata di giorni. È la trincea da cui il professore difende il «suo» Festival, il marchio, anche la «forma» talvolta frettolosamente dimenticata. È la casamatta dell´esercito rondoliniano, che spara le sue ultime cartucce. Bastevoli però a impallinare l´oscillante decisione di Moretti. «È l´Associazione, non io - ripete Rondolino - che non concede l´uso del logo Tff per la prossima edizione». Oggi che Rondolino ha deposto le armi, si è addirittura dimesso da presidente - «per motivi personali», ha detto ieri - dopo il voto contrario della maggioranza dei soci, l´Associazione non ha più un ruolo. Quello che gli restava è passato al Museo.(19 gennaio 2007)Torna indietro
---------------------
Gazzetta di Modena QUEATA SERA AL TEATRO COMUNALE
‘Orfeo ed Euridice’ in stile moderno di
Claudia Paparella
L’opera debutta questa sera alle 20.30 nella rilettura diretta da Graham Vick MODENA. ‘Orfeo ed Euridice’, musica di Gluck e libretto di Calzabigi, “debutta” al Comunale (oggi alle 20,30 domenica alle 15,30): regia di Graham Vick, scene e costumi di Tim Northam e coreografie di Ron Howell. Claudio Astronio dirige l’orchestra Harmonices Mundi e Razek-Francois Bitar (Orfeo), Marta Vandoni Iorio (Euridice) e Roberta Frameglia (Amore).
«Che farò senza Euridice, dove andrò senza il mio bene». Nel mistero di questi versi è racchiusa la sintesi di una riforma che ha rivoluzionato il galante manierismo settecentesco di un genere, ricercando per la prima volta la verità espressiva nell’armonioso equilibrio fra musica e poesia, danza e recitazione.
Quando si parla di Orfeo, le memorie scolastiche rievocano il mito del figlio di Apollo e della musa Calliope, il più noto dei leggendari musici, il guerriero fra gli Argonauti che placa il mare in tempesta e domina il canto delle Sirene, l’inventore della Cetra, l’iniziatore dei culti misterici dell’orfismo e, soprattutto, l’eroe che vivo discende negli Inferi per ritrovare l’amata Euridice, come narrano Ovidio nelle Metamorfosi e Virgilio nelle Georgiche.
L’opera è una questione assai più complessa, e non solo per il confronto, improponibile in questa sede, con i precedenti libretti di Rinuccini, per Caccini e Peri, o Striggio per Monteverdi, o per l’infinita serie di rimaneggiamenti e interpolazione tra le molte versioni e revisioni. Vi è quella che ascolteremo in città, ovvero l’originale rappresentata il 5 ottobre del 1762 in occasione dell’onomastico dell’imperatore Francesco I, ma quattro altre almeno solo quelle fondamentali: la versione per Parma nel 1769 con l’adattamento del ruolo eponimo da castrato contralto a castrato soprano; la rielaborazione parigina del 1774 con nuove parti musicali, un libretto tradotto e ovviamente integrato e una mutazione della tessitura del protagonista a tenore haute-contre; scomparse le voci in agio di sostenere l’altissima tessitura, ecco la versione detta “di Berlioz”, dal musicista che rendeva Orfeo una parte per contralto “en travesti”; per finire con l’edizione della Scala del 1889, shakeraggio delle precedenti ma con il ritorno all’originale lingua italiana.
Gli scrupoli filologici hanno reso onore all’opera che ha segnato un’epoca nella storia dell’opera, in quella Vienna divisa fra la fazione dei conservatori capeggiati da Metastasio ed Hasse e quella riformista a beneficio della “verità del personaggio più che della moralità sentenziosa, della semplicità del canto piuttosto che delle similitudini superflue, noiose sinfonie e lunghe fioriture”, come ci ricorda il diario del testimone oculare Charles Burney.
Oggi, dopo due mesi di workshop ravennate, l’acclamato Graham Vick, coraggioso innovatore, chiama il pubblico ad interpretare il suo primo Orfeo. Moderna stilizzazione dunque, anche per le coreografie, danza contemporanea con citazioni d’epoca, fra pannelli grigio cemento e fondale nero in una scena nuda, rade macchie di colori spavaldi e molte sedie d’ospedale. Nessuna distrazione insomma: canta il Mito.(19 gennaio 2007)
----------------------------------
http://www.repubblica.it/ - SCUOLA & GIOVANI Milano, avevano messo i filmati su Google
ora sono denunciati al tribunale dei minorenni
Filmano i vandalismi in classe
ma il prof li riconosce su internet
MILANO - Giocavano a bowling con le sedie dell'aula, impilandone alcune e lanciandone altre, riprendendo la scena con i videotelefoni, per poi pubblicarli su internet e vantarsene. Un loro professore, però, li ha riconosciuti navigando nella rete e ha presentato un esposto ai carabinieri. Sono stati così segnalati al Tribunale dei minori, per danneggiamenti, tre studenti dell'istituto Ipsia di Cusano Milanino, uno di 17 anni e due di 16 anni. La denuncia del professore risale al 12 gennaio. I militari della stazione locale hanno effettuato delle indagini, scoprendo che i filmati in rete erano tre, girati in un'aula utilizzata solitamente dagli studenti che non partecipano all'ora di religione. Due dei videoclip erano stati già rimossi dagli amministratori di Google, mentre uno era rimasto ancora on line. Da quelle immagini i carabinieri sono risaliti agli autori dei danneggiamenti. (21 gennaio 2007)
-------------------------------------
http://www.corriere.it/
Al vincitore un contratto da 1 milione di dollari con la DreamWorks Reality con Spielberg per aspiranti registi Al via sul web le selezioni per On the lot, il nuovo programma ideato dal regista di «ET». Solo 16 accederanno alla finale in tv
Steven Spielberg in un videomessaggio sul sito di «On the lot»
MILANO - Se desiderate dirigere il prossimo Jurassic Park o realizzare il Duel del ventunesimo secolo, avete tempo fino al 16 febbraio. Quel giorno sarà l’ultimo disponibile per mandare il vostro cortometraggio a Steven Spielberg. Il sogno di ogni aspirante filmmaker è ora possibile, grazie a Internet e all’iniziativa del regista di E.T. e Schindler’s List, che ha deciso di sottrarre un po’ di tempo alla produzione dei suoi prossimi film (la biografia su Abramo Lincoln e il quarto episodio di Indiana Jones, entrambi previsti per il 2008), per organizzare un reality-show insieme a Mark Burnett, l’inventore di programmi di successo come Survivor e The Apprentice.
SFIDA IN TV - Il nuovo format si chiama On the Lot e sarà messo in onda dalla Fox probabilmente già dalla prossima primavera: offrirà la possibilità a 16 aspiranti registi di cimentarsi di fronte a una giuria di dirigenti degli Studios, critici cinematografici, registi e attori hollywoodiani. I concorrenti dovranno produrre cortometraggi, affrontando di volta in volta le sfide poste dai diversi generi: commedia, dramma, thriller, azione, horror, eccetera. Alla fine ci sarà la proiezione, e il box office, identificato nel voto del pubblico televisivo, stabilirà chi può proseguire la gara e chi no. Il vincitore otterrà un contratto da 1 milione di dollari con la DreamWorks e la possibilità di realizzare il proprio progetto, on the lot, ovvero nei teatri di posa della major, con la supervisione dello stesso Spielberg.
SELEZIONI ONLINE - Prima che la gara televisiva cominci, c’è da affrontare quella più dura e selettiva sul web, per cui c’è tempo appunto, fino al 16 febbraio. Basta collegarsi al sito ufficiale del programma, per caricare il proprio cortometraggio e sottoporlo al giudizio, spesso spietato, dei navigatori (¦ Guarda la classifica). Che non è vincolante ai fini della partecipazione al concorso, ma certo costituisce un indirizzo per la selezione finale dei produttori del programma tv. Basta avere compiuto 13 anni e avere realizzato un film della durata massima di 5 minuti (anche se il film è più lungo), che deve essere inviato tramite Internet, accompagnato da una breve presentazione di sé. Nel frattempo bisogna firmare anche i contratti presenti sul sito e inviare via posta entro la scadenza un Dvd con il film alla produzione.
«INIZIATE DA GIOVANI» - Lo scopo di Spielberg, che agli aspiranti registi è sempre solito ricordare «cominciate più giovani che potete e fatevi i vostri film, non c’è niente che possa sostituire l’esperienza di girare, montare e poi proiettare», è quello di sfruttare Internet e la grande popolarità dei reality, per offrire una vera chance a chi vuole seguirne le orme: «Lungo tutta la mia carriera ho cercato di fare il possibile per cercare nuovi talenti e offrire loro un’occasione. Questo programma ci permette di raggiungerne un numero maggiore e aprire una porta più grande del solito».
I FILM E IL VOTO - Nelle pagine web del programma i film sono divisi per generi e vengono votati con le stelline, secondo lo stile di YouTube, dai navigatori, che possono lasciare anche il proprio commento. Come ogni sito che si rispetti, attorno a On the Lot si è formata una comunità di cinefili, che discutono, esprimono le proprie opinioni e aggiornano i forum di discussione; un gruppo piuttosto nutrito che, nelle intenzioni di Burnett, dovrebbe costituire lo zoccolo duro del futuro pubblico televisivo. Ma il sito è diventato anche una vetrina in cui registi amatoriali o con solide esperienze professionali alle spalle, promuovono i propri lavori e i siti Internet in cui questi sono visibili. Non è la prima volta che Hollywood si allea con la tv per trovare i professionisti di domani. Già nel 2000 Matt Damon e Ben Affleck, freschi vincitori dell’Oscar per lo script di Will Hunting – Genio ribelle, avevano ideato con la Miramax il programma tv Project Greenlight, dedicato a scoprire sceneggiatori di talento.
Marco Consoli -
21 gennaio 2007
I film in gara, la graduatoria del web Le pellicole più votate su On the Lot, genere per genere:
Azione e avventura
A.W.: http://films.thelot.com/films/1476
Anime e animazione
Match Scratch Fever: http://films.thelot.com/films/106
Arte e sperimentale
Spill: http://films.thelot.com/films/1257
Bambini e famiglie
Flippy Floppy Feet: http://films.thelot.com/films/1691
Commedia
The Miracle: http://films.thelot.com/films/333
That’s a RAP: http://films.thelot.com/films/539
What to do in a zombie attack – Part I: http://films.thelot.com/films/1174
Documentario
Elephant Cemetery: http://films.thelot.com/films/2122
Drammatico
Of my own mind: http://films.thelot.com/films/1403
The King of Siam: http://films.thelot.com/films/1830
Horror Iron…ic Horror 2: http://films.thelot.com/films/1438
Trailer The Still Life: http://films.thelot.com/films/760
Musicale
Anonymous: http://films.thelot.com/films/1428
Sentimentale
Black & White in Colors: http://films.thelot.com/films/692
Fantascienza e fantasy
A fish tail: http://films.thelot.com/films/1046
A Bug Above the Evil: http://films.thelot.com/films/1457
Sportivo
Detour to Destiny: http://films.thelot.com/films/1942
Thriller
The Killer Deal: http://films.thelot.com/films/420
Mnemonic: http://films.thelot.com/films/2367
Nightmare: http://films.thelot.com/films/1979
Savage Spirit: http://films.thelot.com/films/1690
The Passenger: http://films.thelot.com/films/1548
21 gennaio 2007
--------------------------------------
http://www.leggonline.it
STUDENTI ASSOLTI. L'IMPORTANTE E' CHE NON CI SIA SCOPO DI LUCRO
LA CASSAZIONE: "NON E' REATO SCARICARE FILM DA INTERNET"
Scaricare film da internet non è reato a patto che non ci sia «finalità di lucro». Non scatta la condanna penale nemmeno se l'opera scaricata dal web è coperta da copyright. Lo ha stabilito la Terza sezione penale della Cassazione che ha accolto il ricorso di Eugenio R. e di Claudio F., due studenti torinesi che erano stati condannati per aver «duplicato abusivamente opere cinematografiche», giochi per psx, video cd e film, «immagazzinandoli» su un server del tipo File transfer protocol «dal quale potevano essere scaricati da utenti abilitati all'accesso tramite un codice identificativo e relativa password». Secondo la Suprema Corte, che ha annullato la sentenza impugnata «perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato», deve essere «escluso che la condotta degli autori della violazione sia stata determinata da fini di lucro, emergendo dall'accertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun profitto economico dalla predisposione del server FTP, mentre dalla utilizzazione dello stesso traevano sostanzialmenhte profitto i soli utenti del server medesimo». Il principio è fissato nella sentenza 149 redatta dal consigliere Alfredo Maria Lombardi.
La Corte d'appello di Torino, marzo 2005, aveva condanato rispettivamente Eugenio R. a tre mesi e dieci giorni di reclusione oltre a 320 euro di multa e Claudio F. a venti giorni e 300 euro di multa per «aver creato, gestito e curato la manutenzione di un sito Ftp mediante un computer dell'associazione studentesca del Politecnico di Torino sul quale venivano scarcati programmi tutelati dalle norme sul diritto d'autore». Successivamente, si legge nella sentenza, «tali programmi potevano essere prelevati da determinati utenti che avevano accesso al server in cambio del conferimento a loro volta di materiale informatico». Inoltre lo studente con la condanna più alta era accusato di «aver detenuto presso la sua abitazione programmi destinati a consentire o facilitare la rimozione di dispositivi di protezione applicati ai programmi per elaboratore».La Cassazione, ha dunque giudicato «fondata» la protesta del primo studente che lamentava che «i giudici di merito hanno erroneamente attribuito all'imputato una attività di duplicazione dei programmi e di opere dell'ingegno protette dalla legge sul diritto d'autore, poichè la duplicazione avveniva ad opera dei soggetti che si collegavano con il sito FTP e da esso in piena autonomia e nello stesso ne scaricavano altri». In ogni caso, ha rilevato ancora con successo la difesa, «doveva essere esclusa l'esistenza di un fine di lcro da parte di Eugenio R., non potendosene ravvisare gli estremi nella mera attività di scambio dei files posta in essere». E quindi «la condotta dell'imputato, quanto meno con riferimento alle opere musicali e cinematografiche potrebbe ritenersi solo attualmente sanzionata dalla legge 128 del 2004».
Relativamente poi al programma che lo studente teneva a casa sua, «doveva escludersi la detenzione a fini commerciali e luvcrativi dello stesso, scopo in ordine al quale, peraltro, nulla è stato affermato dai giudici di merito». Accolto anche il ricorso del secondo studente, la difesa del quale ha rilevato che il fine di lucro «deve concretizzarsi nel perseguimento di un vantaggio economicamente apprezzabile». Cosa da «escludersi visto che è stato accertato che lo scambio di software avveniva esclusivamente a titolo gratuito, nè era connesso a forme di pubblicità o ad altra utilità economica che ne potessero trarre i creatori del sito FTP».
Il nocciolo della questione, spiegano gli 'ermellini’ sta nella interpretazione del termine 'scopo di lucro, «adoperato nel testo delle norme vigenti all'epoca dei fatti», rispetto all'espressione 'scopo di profittò, «introdotto dalla legge di riforma». Ebbene, secondo piazza Cavour, quando si parla di 'fini di lucrò «deve intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell'autore del fatto, che non può identificarsi con un qualsiasi vantaggio di altro genere;nè l'incremento patrimoniale - scrivono ancora - può identificarsi con il mero risparmio di spesa derivante dall'uso di copie non autorizzate di programmi o altre opere dell'ingegno, al di fuori dello svolgimento di un'attività economica da parte dell'autore del fatto, anche se di diversa natura, che connoti l'abuso». L'interpretazione offerta dalla Cassazione, rilevano gli stessi 'ermellinì, «trova riscontro nella stessa legge sul diritto d'autore che non attribuisce rilevanza penale alla duplicazione, acquisto o noleggio di supporti non conformi alle prescrizioni della medesima legge a fini meramente èpersonali, allorchè lla riproduzione o l'acquisto non concorrano con i reati previsti dall'art. 171 e seg. e non sia destinato all'immissione in commercio di detto materiale». Nel caso in questione, «viene escluso dall'ambito della fattispecie criminosa il comportamento dettato dalla mera finalità di un risparmio di spesa, che indubbiamente deriva dall'acquisto di supporti duplicati o riprodotti abusivamente».
In definitiva, la Cassazione esclude che l'attività compiuta dai due studenti sia stata svolta per perseguire fini di lucro, «emergendo dall'accertamento di merito che gli imputati non avevano tratto alcun vantaggio economico dalla predisposizione del server FTP, mentre dalla utilizzazione dello stesso traevano sostanzialmente profitto i soli utenti del server medesimo». Inoltre, «anche con riferimento alla detenzione da parte di Eugenio R. di un programma destinato a consentire la rimozione o l'elusione di dispositivi di protezione di programmi non emerge dall'accertamento di merito la finalità lucrativa cui sarebbe stata destinata la detenzione, e tanto meno un eventuale fine di commercio della stessa». I due studenti, quindi, sono stati «prosciolti perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato». Da qui l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
--------------------------------------------
http://www.lapadania.com
Mamma Rai sbaglia i conti: il Sud contro i Mille da fiction
«Macché mille e mille! Basta con questa retorica romantica». A tuonare così, contro le imprese dell’eroe dei due mondi messe in fiction tanto per cambiare da Raiuno non sono i telespettatori del Nord, imbufaliti per l’ennesima lettura “low profile” del Risorgimento, nello stile indimenticato delle Cinque giornate di Milano, che ancora fanno gridare vendetta al cielo. Nossignori, stavolta le proteste si levano dal Sud, dal bacino d’utenza che fornisce lo zoccolo duro dei programmi dell’ammiraglia Ria. Da quelle parti la miniserie sui Mille, andata in onda domenica e lunedì scorsi per celebrare il bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi, non è piaciuta. E perché? Per le inesattezze storiche e l’affresco di un Mezzogiorno “barbaro” fino alla “liberazione” garibaldina. Insomma, si rovesciano le prospettive, ma la storia (quella della fiction Rai) non cambia.
«Grottesca, falsa e soprattutto offensiva nei riguardi del Meridione», etichetta la produzione, in un’intervista al Velino, il professor Gennaro De Crescenzo, presidente del Movimento neoborbonico, tra i primi a protestare contro la fiction Eravamo solo Mille.
Ma i neoborbonici non si sono limitati a dire la loro, hanno fatto di più: hanno omaggiato viale Mazzini di fax e lettere indignate non solo di nostalgici del Regno delle Due Sicilie, ma di comuni telespettatori del Meridione indignati per gli svarioni storici e per l’immagine della loro terra restituita dal film di Stefano Reali. Le stesse proteste che hanno riempito nei giorni scorsi i forum di Internet. A parte le inesattezze - come il voler restituire l’immagine al tempo stesso romantica e infantile dei Mille, intesi come mille di numero - sono le mancanze ad aver destato il maggior scalpore. Nulla sui finanziamenti dell’Inghilterra alla spedizione garibaldina e, soprattutto, della massoneria d’Albione. Cose peraltro che non avrebbero sconvolto nessuno, non essendo infatti fresche illazioni di stampa. Nulla, poi, sui rapporti con la malavita, che appoggiò lo sbarco di Garibaldi e dei suoi in Sicilia e ne facilitò l’ingresso nell’isola. Vicende anche queste da tempo documentate, e cui ha dedicato un libro (edito da Utet) il giornalista del Mattino Gigi Di Fiore: I Vinti del Risorgimento.
Che le fiction non siano e non vadano prese come testi scolastici (e non apriamo in questa sede la polemica sulla bontà degli stessi libri di scuola) va da sé. Peraltro su quello che una volta er aun prodotto i intrattenimento come altri e adesso è l’autentica gallina dalle uova d’oro del piccolo schermo, e in particolare della televisione pubblica, c’è da fare attenzione. Perché sia chi la fa - da Rai Fiction in giù - sia chi ne fruisce finisce per far passare il concetto che, come succedeva con la Tv dgeli Anni 50 che alfabetizzò gli italiani (nessuno ricorda mai però che nei 50 anni successivi li ha analfabetizzati), oggi si vorrebbe recuperare la memoria storica via miniserie. Fosse vero, un minimo di rigore in più, se non addirittura il coraggio di letture originali e in linea con le evoluzioni storiografche, andrebbe preteso. Suvvia, qui certo non si fa la Storia, ma nemmeno la si deve affossare definitivamente.
S. S.
http://www.iltempo.it/approfondimenti/index.aspx?id=1117079
Dall’Anica cifre e segreti del 2006
Cinema: italiani geni con pochi soldi
di ANTONIO ANGELI
HA POCHI soldi ma tante idee: questa la fotografia del cinema italiano che appare dai dati dell’Anica, l’Associazione Nazionale delle Industrie Cinematografiche Audiovisive, che, come tutti gli anni, ha passato al setaccio le cifre del nostro mondo di celluloide. Il cinema italiano sta bene, ma ha una gran fame. La salute è buona perché il settore cresce: nel 2006, periodo preso in esame, segna un netto +2%, ma i fondi sono ridotti al lumicino. In Italia lo scorso anno sono stati prodotti 90 film (contro i 68 del 2005). Opere che hanno avuto un buon successo nel nostro Paese (ma non solo), tanto che hanno conquistato il 25% del mercato. A fronte di questo ogni singolo film ha un costo medio decisamente basso: circa due milioni di euro. I film italiani «fanno ridere», perché i soldi bastano giusto per le commedie. Insomma gli Italiani fanno grandi film con piccoli budget: sono dei veri maghi. Di queste ristrettezze soffrono e vorrebbero un rilancio di tutta l’industria. I film tricolori, inoltre, vanno molto bene anche in televisione dove, in media, riescono a raccogliere percentuali notevoli di pubblico. E spesso si fanno guardare anche se si tratta di un secondo passaggio. «I dati sul cinema italiano, per quest'anno, sono positivi», ha detto il presidente dell’Anica Paolo Ferrari. Ma, ha aggiunto, «gli investimenti non sono neanche lontanamente comparabili a quelli europei, per non parlare degli Stati Uniti. Il pubblico aumenta grazie a pay tv e reti di telecomunicazione, ma a finanziare la realizzazione sono sempre gli stessi soggetti che lo facevano quando la platea era solo quella delle sale cinematografiche». Il modello verso il quale guardano gli esperti del settore è quello francese che, grazie a regole precise, viaggia su circa 250 film prodotti all’anno. «Serve una nuova legge di sistema - afferma il presidente della sezione produzione dell'Anica Riccardo Tozzi - Dal ’90 ad oggi la quota del nostro cinema è aumentata costantemente, e ci portiamo bene negli incassi anche sui mercati internazionali, dove ricercano sempre più anche i nostri talenti. Ma la ripresa degli ultimi anni è stata volontaristica, dovuta all’impegno di produttori, autori e distributori, che però si trovano ad agire in condizioni di sostanziale duopolio per la tv generalista, monopolio nella pay tv, pirateria gigantesca e distribuzione nelle sale inadeguata». Solo con un intervento deciso si può pensare di andare a scalzare dal podio il cinema straniero. Nel 2006 i tre film più visti in Italia sono stati «Il codice Da Vinci», «Pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma» e «L’era glaciale 2». Per trovare un film di casa nostra bisogna calare al quarto posto dove si è piazzato «Il mio miglior nemico».
http://www.lastampa.it -
Il digitale salva il romanzo ma uccide il cinema
WASHINGTON. La tecnologia potrebbe rivelarsi salvifica per il vecchio romanzo d’appendice, che ricompare in una nuova veste: quella digitale. Il Washington Post ha annunciato la pubblicazione online di un thriller ambientato in Medio Oriente, scritto dal suo giornalista David Hilzenrath, per inaugurare l’iniziativa editoriale con la quale cerca di differenziare i contenuti della versione online del giornale rispetto a quella cartacea. Il romanzo sarà interamente proposto sul web, ma per chi non potesse rinunciare alle pagine di carta, il libro può essere anche stampato e rilegato su richiesta. Se la tendenza dovesse avere successo, si potrebbe assistere ad un cambiamento di rotta, anche se già da tempo l’editoria confida nel potere della tecnologia per risorgere dalle ceneri, senza che la scintilla tra letteratura e web sia mai scoccata per dar vita ad una vera e propria «e-lit». Ma se Internet e la tecnologia potrebbero contribuire a rianimare la vecchia tradizione letteraria in agonia, il digitale rischia invece di compromettere la creatività e l’interazione tra le arti e del cinema in particolare. E' quanto afferma Massimo Nardin, docente nel corso di Laurea magistrale in Comunicazione e produzione culturale all’Università Lumsa di Roma, ne «Il cinema e le Muse. Dalla scrittura al digitale» (Aracne editrice), appena uscito nelle librerie italiane. Nell’analisi svolta, emerge in modo chiaro che il digitale non è il toccasana del cinema, come da tutti indicato. «Non si mette in dubbio -spiega Nardin- l’evoluzione positiva del digitale, ma il ricorso eccessivamente disinvolto a tale tecnologia di fatto sta cancellando il vecchio e unico modo di fare cinema, che è sempre interazione con la realtà e con le altre arti».
Domenica 21 Gennaio 2007
TORINO - Continua l’altalena torinese su Nanni Moretti.Ieri mattina il quasi certo “sì” di Nanni Moretti è stato annunciato da Steve Della Casa, presidente della Piemonte Film Commission, in un’intervista a Rtl 102.5. «Avere Nanni Moretti come direttore di Torino Film Festival - ha spiegato Della Casa -, per noi sarà come vincere un terno al lotto, perché‚ se si riuscisse ad abbinare a un festival di grande tradizione culturale e serietà quale il nostro, un nome internazionalmente noto, avremmo davvero una miscela esplosiva. La parola fine non so se la possiamo ancora mettere, non lo sa nessuno: Moretti si è riservato del tempo per valutare il progetto a cui Alberto Barbera sta lavorando. Ma il solo fatto che ci sia la sua disponibilità è molto positivo. Speriamo che la cosa si chiuda». A domanda dell’intervistatore («Si può dire che Moretti ha accettato con riserva?») Della Casa ha risposto: «Esatto, è l’espressione giusta».
Affermazione che deve aver agitato le acque, tant’è che in serata Steve Della casa ha fatto sapere che «più che un sì con riserva, Moretti ha voluto manifestare nelle ultime telefonate una disponibilità che ci fa essere ottimisti. Sarebbe assolutamente scorretto dire che ha già accettato. Ha manifestato un suo rinnovato interesse e valuterà il da farsi solo dopo aver letto il progetto del futuro festival a cui sta lavorando Barbera e che lui dovrebbe avere in mano all’inizio della prossima settimana».
Sull’argomento è intervenuto anche il ministro Rutelli, a Torino per la premiazione del Grinzane Cavour: «Quella di portare Nanni Moretti alla guida del festival è una scelta azzeccatissima - ha detto - È chiaro che deciderà con la sua testa e la sua passione. La sua figura va benissimo per il festival di Torino, da sempre centrato sulla ricerca, sull’innovazione, sull’anticonformismo, sull’individuazione dei giovani esordienti. Se proprio vogliamo fare una lista in materia di festival di cinema, in Italia abbiamo la Biennale che è fondamentale, poi è nata la Festa di Roma che è un fatto importante per la divulgazione della cultura del cinema, ed è oramai in pista da anni e con grande successo il festival di Torino. Una personalità come Moretti può aggiungere ancora qualcosa all’ottimo lavoro che ha fatto negli anni Gianni Rondolino».
ALAINS RESNAIS A VILLA MEDICI
Ultimo giorno di programmazione per la retrospettiva dedicata al cineasta francese Alain Resnais: sei cortometraggi e undici lungometraggi dagli esordi ad oggi proiettati in pellicola in lingua originale con sottotitoli in italiano. Per l’ultimo giorno della rassegna è previsto un doppio appuntamento con due film proiettati alle 18 e alle 20. Si comincia con “Melò” con Pierre Arditi e Fanny Ardant, intricata storia d’amore e morte che unisce le storie di due amici violinisti in un classico amor fou. Si chiude con “Voglio tornare a casa” con Gerard Depardieu e Micheline Presle, dove un burbero disegnatori di fumetti americano, in viaggio a Parigi per una mostra, incontra la figlia che non vedeva da due anni. Premiato a Venezia e a Cannes. Accademia di Francia a Villa Medici, stasera, domani e domenica, viale Trinità dei Monti 1, info 06/67611, ingresso 5 euro.
UN LUOGO CHIAMATO CINEMA
A VILLA BORGHESE
E’ l’ultimo appuntamento per “Un luogo chiamato cinema”, manifestazione organizzata alla Casa del Cinema in collaborazione con Rai Teche e Rai Trade che ha portato sullo schermo materiali e testimonianze per una storia del cinema italiano dagli anni ’45 agli anni ’60 del ‘900. Sono i protagonisti di quegli anni d’oro per la cinematografia nazionale visti dagli occhi di Francesco Maselli in una serie di interviste e di incontri che si svolsero proprio nella sua casa trasformata per l’occasione in uno studio televisivo. Alle ore 16 in sala Kodak il primo dei due appuntamenti “le battaglie degli autori I” seguito dal secondo “Le battaglie degli autori II”. Casa del Cinema, largo Marcello Mastroianni 1, info 06/423601
ROSSELLINI AL CINEMA TREVI
Continua al cinema Trevi la retrospettiva dedicata al maestro del Neorealismo italiano in occasione del centenario della sua nascita con la proiezioni di film, documentari, interviste che ripercorrono l’intera carriera del regista. Oggi in programma alle ore 17 “I nuovi angeli”; alle 19 “Luomo dalla corce” e alle 21 “Desiderio”. Cinema Trevi, vicolo del Puttarello 25 info 06/6781206; ingresso 4 euro più tessera. (m.g.f.)
Il Messaggero Venerdì 19 Gennaio 2007 - di FABIO FERZETTI
C’ERANO una volta i film a episodi, filone minore ma centrale della nostra cinearte di arrangiarsi. Servivano a smaltire idee graziose ma esili e a dare lavoro a eserciti di attori, sceneggiatori, etc. Oltre a costare poco, suggerivano fantasiosi quanto proficui incroci produttivi. Li dirigevano registi anche di grande nome con risultati talvolta memorabili (vedi certi episodi di Pasolini, Fellini, Visconti, De Sica e molti altri). Garantivano risultati vivaci oltre che animati da una sana competizione “interna”, sia davanti che dietro la macchina da presa. Insomma erano una specie di rete di sicurezza che ha accompagnato per più di vent’anni la grande stagione del nostro cinema commerciale.
Tutto questo in tempi di vacche grasse. E oggi?
Oggi, dopo alcuni tentativi senza seguito, il film a episodi la sua nostalgia, la sua tentazione si riaffaccia in versione lusso. Attori di nome, tema “importante” sia pur trattato con massima leggerezza, regista unico e anche un po’ invadente. Come a dire: sarà solo una commedia ma dietro questi personaggi, i loro sogni, le loro peripezie, c’è un autore che sfrutta il tono “leggero” per contrabbandare qualche idea o almeno qualche sensazione su ciò che siamo diventati forse senza accorgercene.
Il primo Manuale d’amore insomma tastava il terreno, il secondo alza il tiro e tenta la commedia di costume. Con ambizioni così sfacciate (le battute rivolte verso la macchina da presa) da andare a discapito di personaggi che sarebbero più credibili se fossero meno calcolati e caricaturali, ma più spontanei e sorprendenti.
Così è molto riuscita la sfuriata di Cosimo Cinieri, padre meridionale tradizionalista, al figlio Sergio Rubini, deciso a sposare il suo compagno Antonio Albanese, sfuriata che si chiude a sorpresa su una nota calante quando il figlio anziché reagire guarda il padre con tenerezza e gli dice “sei tu quello buffo, papà” (è l’episodio più felice del film). Diverte benché telefonatissima la pubblica scenataccia di Barbora Bobulova, moglie bombardata di ormoni, al marito Fabio Volo colpevole di possedere spermatozoi “piccoli e rincoglioniti”. Ed è naturalmente, prevedibilmente irresistibile Carlo Verdone come ristoratore in canotta con moglie buzzicona e figlia burina che finisce quasi al creatore quando si scopre concupito dalla prorompente e giovanissima Elsa Pataky.
Ma tanto parlare di Spagna, di coppie gay, di fecondazione assistita, risulta inutile se poi il primo episodio (lo strombazzato e improbabile amplesso fra il bel paraplegico Scamarcio e la curvacea fisioterapista Bellucci) è una specie di barzelletta sceneggiata. Con finale di pessimo gusto (e tutt’altro che comico, quel che è peggio) ai danni della nuova fisioterapista che ha il “torto” di essere anziana, non bella e per giunta decisamente sovrappeso. Più lieve, meno ambizioso, il primo Manuale non alimentava attese sproporzionate. Era il suo limite, ma anche il suo pregio.
Il Messaggero Venerdì 19 Gennaio 2007 - di LEONARDO JATTARELLI
ROMA - Finalmente il cinema italiano prova a liberarsi dei vecchi fantasmi e comincia a ragionare e a muoversi concretamente sull’obiettivo di una nuova “legge di sistema” a imitazione del trionfante modello francese. Accantonato quello che per anni è stato lo spauracchio ma anche, sinceramente, l’alibi di un Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo) prosciugato ed eternamente povero, la filiera del cinema nostrano ha mostrato ieri di aver imboccato la strada giusta. Paradossalmente, proprio quando il ministro della Cultura, Rutelli qualche giorno fa, ha promesso un ingrassamento a 440 milioni del Fus per l’anno corrente che dovrebbe diventare di 490 per il 2008 e di 540 per il 2009. Ma va bene così, perché l’autonomia dal supporto statale è la spia di rinnovate strategie.
Ieri, l’annuale incontro all’Anica è stato occasione non solo per snocciolare cifre, dati, trend della stagione 2006 ma soprattutto per evidenziare segnali nuovi, concreti, come ha sottolineato Riccardo Tozzi, presidente dei produttori Anica: «In Italia le risorse che vanno al cinema sono insufficienti. Occorre dunque una legge di sistema che cambi radicalmente la prospettiva e renda il settore autonomo finanziariamente. A parità di altri Paesi europei, lavoriamo infatti avendo a disposizione risorse più basse».I presupposti per una inversione di tendenza ci sono tutti, visto che il 2006 ha messo in mostra dati non eclatanti ma positivi e abbastanza stabili: «Il settore fa fatica a crescere - ha sottolineato il presidente dell’Anica, Paolo Ferrari - ma gli investimenti sul cinema italiano sono aumentati di 35 milioni di euro ed è cresciuto anche il numero di produzioni e coproduzioni, 116 contro le 98 del 2005. La crescita dell’industria si è assestata su un più due per cento rispetto al 2005 ma c’è comunque bisogno di ampliare la nostra quota di mercato». Anche questo dato specifico è abbastanza confortante, visto che l’Italia si è assestata attorno al 25 per cento (solo nel 2001 eravamo al 19,28 e nel 2004 al 20,32) dell’intera torta contro lo strapotere Usa che registra una crescita al 61,94 per cento. Aumentano gli incassi rispetto al 2005 (546.385 milioni rispetto ai 536.521 milioni del 2005) e le presenze totali, oltre 92 milioni di spettatori contro i 90.553 milioni del 2005.
A mettere un freno sull’acceleratore c’è la grave incidenza della pirateria, come ha fatto notare il presidente dei distributori, Paolo Pozzi: «Siamo arrivati ad una cifra che si aggira attorno al 30 per cento ed è assurdo che non vengano applicati i provvedimenti che già esistono in materia di antipirateria».
E se il presidente dell’Anem, Carlo Bernaschi, evidenzia la crescita di multiplex e multisale («Una crescita, che seppure contenuta, è da attribuire principalmente al buon andamento delle strutture plurischermo»), Riccardo Tozzi fa un’analisi di quello che dovrebbe essere il giusto veicolamento del grande potenziale italiano, evidenziando soprattutto l’ostacolo dell’invadenza televisiva: «La ripresa degli ultimi anni è stata volontaristica, cioè ognuno di noi, produttori, distributori, esercenti, ha messo buona volontà nel proprio lavoro ma l’area di azione è piena di difficoltà. C’è il duopolio della tv generalista - continua Tozzi, anche presidente della Cattleya - il monopolio della pay tv oltre alla pirateria e ad una errata distribuzione nelle sale».
Il Messaggero Venerdì 19 Gennaio 2007 -
di GLORIA SATTA
CONTRORDINE compagni. Nanni Moretti ci ripensa e si avvia a dirigere il Torino Film Festival. Le polemiche, la minaccia di Rondolino di organizzare una rassegna concorrente, il gran rifiuto di Nanni, le dimissioni di Barbera, le discussioni (il dibattito sì!), le accuse incrociate, il pianto del sindaco Chiamparino? Abbiamo scherzato, tutto archiviato. Manca solo l’augusta firma del regista ma pare destinato a ricomporsi, per la gioia degli interessati, il ”pasticciaccio brutto” che tre settimane fa si è consumato all’ombra della Mole Antonelliana.
Sarebbe stato proprio Chiamparino, con un paziente lavoro diplomatico, a operare il recupero di Moretti. Una missione che travalicava il piccolo e rissoso universo dei festival: su Nanni e sul suo no piovuto dopo appena 48 ore come una doccia fredda sugli entusiasmi torinesi a causa delle polemiche (il regista si aspettava forse che Rondolino, fondatore e da sempre organizzatore della rassegna, gli dicesse grazie per averlo spodestato?) si è giocata l’immagine stessa della città e delle sue istituzioni politiche e culturali, uscite con le osse rotte dalla telenovela di fine anno. Soprattutto dopo aver proclamato di aver ingaggiato Moretti per tenere testa alla Festa di Roma e al suo straordinario successo.
«Mi si nota di più se non vengo oppure se vengo e non parlo con nessuno?»: difficile non pensare alla celebre battuta di Ecce bombo che, alla luce degli ultimi sviluppi, calza a pennello al regista e ai suoi tentennamenti. La prova che il ”Moretti bis” è alle porte è rappresentata dalle dimissioni di Gianni Rondolino, il presidente dell’Associazione Cinema Giovani che aveva fatto fuoco e fiamme alla nomina di Nanni. Il quale, per rimangiarsi il rifiuto (annunciato all’Ansa, prima ancora che ad Alberto Barbera, direttore del Museo del Cinema e grande amico del regista) avrebbe chiesto che il campo venisse sgombrato da polemiche e nemici.
Ieri Chiamparino era raggiante nell’annunciare la pace siglata tra il Museo del Cinema e l’Associazione, orba ormai del presidente. E’ la premessa per riaccogliere con le fanfare Moretti e per far rientrare le dimissioni di Barbera che diventerebbe «l’unico referente» del regista, come da sua richiesta. E il professore non cambierà idea: «Ci sono molte persone che danno le dimissioni e poi se le rimangiano», ha spiegato Rondolino. «Le mie invece sono irrevocabili».
Il Messaggero Martedì 09 Gennaio 2007
ROMA Felice Laudadio è stato nominato direttore del RomaFictionFest, rassegna dedicata alle serie televisive internazionali, che si svolgerà nella Capitale dal 2 al 7 luglio. L’evento è promosso dalla Regione Lazio, Sviluppo Lazio, Associazione produttori televisivi, Camera di Commercio di Roma in collaborazione con Rai e Mediaset, arriva dopo un primo esperimento veneziano che però non ebbe seguito. Rivolto ai professionisti del settore che al pubblico, prevede la proiezione sul grande schermo dei prodotti di fiction selezionati da una giuria di esperti e l’assegnazione di un premio ai prodotti significativi del panorama internazionale.
Una lunga esperienza di giornalista e di critico tv, operatore culturale, scrittore, sceneggiatore, produttore, manager, Laudadio è dal gennaio 2004 il direttore artistico della Casa del Cinema di Roma. In passato è stato direttore della Mostra di Venezia, presidente di Cinecittà Holding, amministratore delegato dell'Istituto Luce, ideatore del MystFest, del festival EuropaCinema e del Premio Franco Solinas. Dal 1999 al 2006 ha diretto il Taormina FilmFest.
Il Messaggero Martedì 09 Gennaio 2007
I tempi della grande censura, Pasolini, Bertolucci, Cavani e, oggi, quelli del “divieto cautelare” in vista di decisioni definitive. Il cinema in Italia è cambiato anche in questo e un grande maestro della Settima Arte come Carlo Lizzani ne ha di cose da raccontare in merito al Paese per immagini che si è visto tagliuzzato e a volte cancellato.
Allora, Lizzani, che idea si è fatto del caos scatenatosi attorno al film di Mel Gibson?
«Devo premettere che non ho visto la pellicola, dunque non posso dare un giudizio sull’opera ma riflettere su quanto ho letto e mi è stato raccontato in questi giorni».
Il giudizio?
«Mi sembra che Gibson abbia utilizzato grandi effetti spettacolari e che anche la violenza mostrata nel suo film segua i canoni, appunto, della spettacolarizzazione a scopo commerciale. Dunque, in questo caso, così come è avvenuto per altre opere, mi viene in mente che forse la cosa migliore sarebbe una autocensura degli autori prima ancora che arrivi quella delle commissioni di revisione».
Il ministro Rutelli ha intenzione di “rivedere” la legge sulla censura. E’ d’accordo o Lizzani è del partito del “no” tout court al divieto?
«Credo che la legge vada riletta con gli occhi di oggi e facendo tesoro di quanto accaduto nel passato. Ma non mi sembra che il cinema attualmente vada incontro a grandi problemi censori...».
In che senso?
«La violenza per immagini e non solo è ormai dilagante. Le tv rimandano scene talmente atroci... Francamente, in questo macrocosmo di atti sanguinari e visioni scioccanti, il cinema rappresenta l’ultima ruota del carro. Una volta era diverso...».
Cosa è cambiato?
«Un po’ tutto, anche il modo di non far arrivare un film nelle sale. Negli anni 50-60 la censura era a monte. La Banca del Lavoro affermava “questa produzione non può sostenere le spese della pellicola” e il gioco era fatto».
L.Jatt.
-----------------------
Feste/festival, anche Bologna contro Roma (del 22/01/2007)
“Il nostro modello non sono i milioni spesi per sale vuote”
Certo, la romana Festa del Cinema ha pestato i piedi un po’ a tutti. L’ultimo “concorrente”, in ordine di tempo, a sparlare della kermesse vista l’anno scorso per la prima volta, è il Future Film Festival di Bologna. Alberto Ronchi, assessore alla cultura (dei Verdi) alla regione Emilia-Romagna, espone così la sua linea politico-culturale: «Di certo il nostro modello non è la Festa di Roma, dove si spendono milioni e ci sono le sale vuote. Inoltre noi non vogliamo immischiarci nella direzione artistica, credo nell'autonomia di ogni evento, ma vorrei stimolare una riflessione: cosa ci si aspetta da un festival? Io, sale piene! Il battage mediatico un po' meno, anche se fa sempre piacere, però allora mi interessa sapere i costi di certe star. Non dico che non sia lecito spendere, manca la riflessione sul 'come' raggiungere un certo risultato». E per estremizzare lancia una provocazione: «Si potrebbe anche fare un contratto a Fiorello e mandarlo nelle varie città in regione. Avremo le piazze piene, ma è questa non è politica culturale... Vorrei sapere quanto è costato chiamare Di Caprio».
http://www.sentieriselvaggi.it/
-----------------------------
Dal sito www.frt.it
E’ di 585 il numero ufficiale delle tv locali
nel nostro Paese sulla base delle abilitazioni
alla prosecuzione all’esercizio in analogico
rilasciate a fine 2005 dal Ministero delle
comunicazioni. Questo l’elenco suddiviso
per regioni (intese come sede legale delle
singole emittenti), ricomprendente sia le tv
commerciali che quelle omunitarie.
Abruzzo 22
Basilicata 3
Bolzano 1
Calabria 37
Campania 66
Emilia Romagna 28
Friuli Venezia Giulia 9
Lazio 60
Liguria 15
Lombardia 43
Marche 8
Molise 6
Piemonte 35
Puglia 46
Sardegna 13
Sicilia 103
Toscana 44
Trento 2
Umbria 9
Valle d’Aosta 2
Veneto 33
Da segnalare il notevole numero di tv
siciliane, 103 (il 17,60% del totale), campane
(66) e del Lazio (60) a rappresentare,
assommate tra loro (229 emittenti), circa il
40% del totale.
---------------------------------
(Apcom) - È Penelope Cruz la nuova musa di Woody Allen. Il regista, dopo la bionda Scarlet Johansson (protagonista di "Match point" e "Scoop", ultime due pellicole del maestro newyorkese) ha scelto la sensualità tutta latina della Cruz.
Allen ha rivelato che l'attrice scoperta da Pedro Almodovar - in lizza per l'Oscar come miglior attrice protagonista per "Volver" - sarà la star del suo nuovo film, una commedia agrodolce ancora senza titolo.
Il copione, ancora top secret, vedrà la Cruz recitare sia in spagnolo sia in inglese. Le riprese cominceranno la prossima estate a Barcellona, dove Allen si trasferirà insieme con la troupe, la moglie Son Yi e la figlia.
(Apcom) - Dopo i kolossal sui gladiatori e le imprese dei crociati, Hollywood torna a raccontare l'Impero Romano. Roman Polanski firmerà la regia di "Pompeii", un thriller ambientato subito prima e durante l'eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 dopo Cristo.
Le riprese della nuova pellicola del regista de "Il pianista" si svolgeranno proprio in Italia e cominceranno nella prossima estate. Il film potrà contare su un budget di tutto rispetto: 130 milioni di dollari. Il nuovo progetto di Polanski si basa sul bestseller "Pompeii" scritto da Rober Harris che si è occupato anche della sceneggiatura.
----------------------------------------------
Il Messaggero Venerdì 02 Febbraio 2007
di FABIO FERZETTI
Sapreste raccontare la vostra vita? Conoscete il senso delle vostre mille azioni e sensazioni quotidiane? E se foste un personaggio, vivreste tragedie o commedie? Dai tempi del muto il cinema gioca sulla capacità di creare finzione rendendo i personaggi autocoscienti fino a scardinare le loro storie. Di solito però, dalle comiche fino a Nirvana e a Thruman Show, la cosa investe le forme del cinema. Vero come la finzione invece prende la strada insolita della letteratura (dei mondi possibili). In tempi di webcam siamo un po’ tutti in un reality planetario: ma cosa succede se un giorno il grigio contabile Crick (Ferrell, perfetto) sente dentro di sé la voce di una narratrice che descrive attimo per attimo gesti, pensieri, tic e manie con cui lo zelante impiegato del fisco tiene alla larga la vita vera? E se si potesse incontrare la signora per farle sapere che: a) lui esiste davvero, non è solo una sua creatura. b) grazie a lei ha capito, sta già cambiando, ma lei deve dargli una mano... Con uno spunto simile il peggio è calcare la mano ma Forster (e Helm, sceneggiatore) sono bravissimi e, pur esagerando in zuccheri, restano sul registro dimesso richiesto da questa storia di solitudine. Morale ovvia, cast eccellente, trovate continue, sentimenti credibili. Un giochino. Ma spassoso e intelligente.
Venerdì 02 Febbraio 2007
«La ristrutturazione dell’antico teatro dell’Istituto Luce è stata tagliata dal piano investimenti del bilancio comunale. Il X Municipio, territorio con più di duecentomila abitanti del tutto manchevole di strutture culturali, non avrà dunque quel teatro che attende invano da decenni», chiaro come sempre il presidente del X municipio Sandro Medici spiega così cosa è successo nelle ultime ore al finanzimanto previsto per il Teatro Novecento. «Con invidiabile destrezza contabile il finanziamento previsto si è misteriosamente estinto - continua Medici - Nonostante svariate rassicurazioni e l’impegno del sindaco stesso, teso a realizzare il programma dei teatri di cintura da localizzare nei quartieri periferici. Da una parte si allestisce un bilancio municipale dignitoso, dall’altra lo si indebolisce sottraendogli trasferimenti finanziari già stabiliti e concordati. Questa decisione conferma la trascuratezza, l’indifferenza che si nutrono nei confronti della cultura nelle periferie».
Immediata la risposta di Silvio Di Francia, assessore capitolino alla Cultura, da sempre attento alle periferie: «Ho sentito il presidente X municipio Sandro Medici e credo di poter dire che lavoreremo insieme nei prossimi giorni per avere due teatri nella cintura periferica della città, non solo quello al Quarticciolo ma anche quello a Cinecittà, anche se riconosco ci sia stato qualche problema di tecnico di bilancio».
-------------------------------------------------
Il Messaggero Venerdì 02 Febbraio 2007
OMAGGIO A GIONATA ZARANTONELLO
E finalmente. Grazie al canale Cult e grazie al Cinema Trevi, ecco l'omaggio a uno dei cineasti italiani più geniali e sorprendenti degli ultimi anni. Esploso con un horror parecchio truculento a basso budget in cui professori e studenti si uccidevano senza pietà, Gionata Zarantonello ha realizzato con il seguente "Uncut" un finto (ci sono tre tagli) piano sequenza di 78 minuti su un organo genitale. Unione perfetta di estetica porno (il protagonista è l'attore porno Franco Trentalance), rigore alla Warhol e la "screwball comedy" in cui tutto può accadere. Pura avanguardia cinematografica. Domani sia "Medley" che "Uncut" verranno proiettati con un documentario sul ventinovenne vicentino Zarantonello al quale consigliamo di scappare al più presto dall'Italia. Negli Stati Uniti sarebbe già un regista di culto.
"Medley - Brandelli di scuola", domani ore 17.30; "Uncut" di G. Zarantonello, ore 20. Cinema Trevi, Vicolo del Puttarello 25. Ingresso: 4 - 3 euro. www.snc.it. Info: 066781206.
MORRICONE A NEW YORK, SPONSOR ALITALIA
Il "Wall Street Journal" ha dedicato poche righe alla telenovela di Veronica e Silvio. Un grande spazio invece è stato attribuito a Ennio Morricone, il compositore di celebri colonne musicali che sta per prendere l'Oscar a Hollywood. Questa sera il musicista terrà un concerto all'Onu dedicato al tema della pace e gli italiani d'America applaudiranno la sinfonia che ha composto per l'11 settembre. E mentre al Moma va in onda una rassegna dei film con le sue musiche, sabato terrà un altro concerto a Radiocity Music Hall con 100 musicisti e con un coro di 100 cantori newyorkesi. Sponsor dell'operazione è l'Alitalia che nonostante il dramma dei bilanci si è fatta carico di onorare Morricone. Quando le note si saranno spente arriverà in America Pier Luigi Bersani, che mercoledì dovrà spiegare a Washington la "lenzuolata" delle liberalizzazioni.
----------------------------------------------
http://www.lastampa.it
Direttore del quotidiano curerà la sezione Extra. Jo Champa farà le pr
FULVIA CAPRARA -
ROMA
Uomini e strategie. Prima che la guerra tra i festival cominci le squadre si mettono a punto, gli orientamenti vengono perfezionati e, quando ce n’è bisogno, si interviene sugli errori per evitare che si ripetano. Più che ai titoli in gara, per ora si pensa agli ingaggi e la Festa di Roma, giunta alla seconda edizione, ne avrebbe vari in programma. Si parla prima di tutto del direttore del Manifesto Mariuccia Ciotta, super-esperta di cinema che sarebbe stata contattata dal direttore artistico Mario Sesti per la sezione «Extra». L’altro nome noto che circola negli ultimi giorni arriva dagli Usa ed è quello di Jo Champa. L’attrice italo-americana, da tempo residente a Los Angeles, moglie del produttore Joseph Farrell e madre di un bambino, dovrebbe occuparsi delle pubbliche relazioni della Festa in zona Hollywood, incarico importante e delicatissimo vista la grande attenzione che la rassegna romana promette di continuare ad avere verso il mondo delle star.
Attrice negli Anni 80 con Massimo Troisi nelle Vie del Signore sono finite e con Ettore Scola nella Famiglia, Jo Champa aveva preso una vacanza dal cinema in coincidenza con il matrimonio e con la nascita del figlio Sean. Negli ultimi anni, facendo tesoro dei rapporti del marito con gli Studios, aveva annunciato di volersi dedicare al settore della produzione annunciando la creazione di una società e la volontà di stabilire accordi con altri partner. L’incarico sembra perfetto per un’attrice diventata punto di riferimento e collegamento per gli italiani in trasferta a Hollywood e per gli americani interessati a mantenere contatti con il nostro cinema.
Visto che il successo di una ricetta si basa sull’equilibrio tra i vari ingredienti, accanto all’attenzione per il cinema più popolare, la Festa si riorganizza anche per parlare meglio e di più dell’altro cinema, quello dei nuovi formati, della sperimentazione, della ricerca. L’accordo con la Ciotta, ancora tutto da definire, prevederebbe proprio il potenziamento di quella sezione «Extra» che l’anno scorso era stata piuttosto penalizzata, surclassata dalle scintillanti anteprime americane e dai titoli selezionati per il concorso. L’idea di Mariuccia Ciotta, che dovrebbe assumere un ruolo esterno da consulente, sarebbe quella di proseguire e sviluppare il discorso sul cinema da sempre portato avanti sul Manifesto, cioè puntare l’obiettivo sugli autori meno noti, sulle forme sperimentali, in una parola, su tutto quello che non riguarda il tappeto rosso.
Qui dovrebbero trovare spazio più ampio e importante quegli incontri con il pubblico da sempre indicati come il carattere più originale della rassegna. Incontri non solo intesi come bagni di folla di divi sommersi da richieste di autografi e da flash di fotografi, ma piuttosto come reali scambi di opinioni sui grandi temi del cinema. Il più riuscito, nella prima edizione, è stato, come ha più volte tenuto a ricordare Mario Sesti, quello con Martin Scorsese che ha intrattenuto il pubblico parlando della necessità di salvare il cinema del passato promuovendo il restauro delle opere danneggiate. Su quell’esempio dovrebbero modellarsi i faccia a faccia con il pubblico in programma per l’edizione 2007.
--------------------------------------------------
http://www.lastampa.it
Pettorali e gonnellini
dei Maciste Anni 50
LIETTA TORNABUONI
Negli anni 1956-1965 il cinema italiano si popolò di muscoli gonfi, di calzari, gonnellini, corte spade, alti braccialetti di cuoio o di metallo, pettorali, addominali, gambe solide e nude, miele, bistecche, frullati di fegato. I culturisti americani, i Mister Universo, gli ex Tarzan, arrivavano a Roma per interpretare film mitologici o (per così dire) storici, un genere dal prolungato successo internazionale con protagonisti intensamente evocativi: oltre ai classici Ercole, Maciste, Ursus, Spartacus, Sansone, Ulisse, anche Cleopatra, Teodora regina di Bisanzio, Messalina, Teseo, Vulcano, Achille, Golia, le gladiatrici, un certo Taur re della forza bruta.
Di questi film nati dagli avanzi e dalla nostalgia dei kolossal hollywoodiani girati in Italia, Steve Reeves (nella foto), Gordon Mitchell, Gordon Scott, Mickey Hargitay, Mark Forrest, Ed Fury (e a volte pure Giuliano Gemma, George Marchal, Jack Palance, Edmond Purdom) erano le star più famose e popolari. I titoli erano altisonanti: I baccanali di Tiberio, La disfatta delle Amazzoni, Maciste nell’inferno di Gengis Khan e Carlo Verdone racconta: «Noi da ragazzini andavamo al cinema per spernacchiarli».
Erano buffi, pasticciati. Le bionde erano sempre buone, le brune cattive. I fans più devoti erano i gay, che avevano finalmente l’occasione di vedere al cinema un po’ di nudità maschili. I più disinvolti li chiamavano «Péplum» alla francese, i romani li chiamavano «sandaloni». Al genere Steve Della Casa, esperto del «cinema basso», ha dedicato Uomini Forti, opera di montaggio di materiali d’archivio dell’Istituto Luce e di brani di film, con l’intervento di due attori del genere e di alcuni registi. Il Dvd in uscita alla fine di questo mese è molto interessante, fatto con passione e spirito, con affetto verso il cinema.
Titolo: UOMINI FORTI -
Regia: STEVE DELLA CASA -
Dvd Istituto Luce distribuzione -
DOCUMENTARIO
----------------------------------
Il Messaggero Venerdì 19 Gennaio 2007
Si può fare un film di viaggio nell’epoca della Cnn, di Internet, di Google Earth, di quei mille canali che saturano il nostro immaginario senza soddisfarlo? Si può, anzi forse si deve. Ma proprio perché assediati da mille (pseudo)informazioni, occorre scegliere ed esibire un punto di vista, uno stile che dia forma, senso, meglio: peso a immagini che altrimenti galleggerebbero nel vuoto (o nel troppo pieno). Nella Strada di Levi questo punto di vista è, insolitamente, letterario. Ferrario ripercorre infatti con occhi e mezzi di oggi il lungo e tortuoso itinerario compiuto da Primo Levi per tornare a casa dopo Auschwitz e narrato nella Tregua. Naturalmente tutto è cambiato, o forse non proprio tutto, e attraversando Ucraina, Polonia, Bielorussia, Germania, etc., l’occhio di Ferrario coglie dettagli rivelatori, storie sconosciute ma stupende (il cantautore ucraino popolarissimo e sorvegliato dai sovietici, ucciso in una banale rissa), poi, perfino più preziose, facce, atmosfere, voci raccolte come sul ciglio di un precipizio nel quale interi mondi stanno per cadere. Quel precipizio sta sotto tutti noi anche se non lo vediamo, si chiama Storia, e nei momenti migliori del film sembra quasi di poterlo toccare, di sentirne l’odore. Basterebbe questo a consigliare la visione di un film forse discontinuo ma nell’insieme azzardato e penetrante come pochi. (F. Fer.)
CORTI ALLA CASA DEL CINEMA
Giornata dedicata ai cortometraggi oggi alla Casa del Cinema che ospita "100 minuti corti" tour itinerante attraverso l'Italia con le migliori proposte selezionate al Festival Internazionale del Cortometraggio "Salento Finibus Terrae" che si svolge a San Vito dei Normanni. Alle 11 e alle 21 iniziano le proiezioni divise in due aree tematiche: "Human Rights" e "Fiction". Casa del Cinema, largo Marcello Mastroianni 1
"VISIONI CLANDESTINE" AL CINECLUB DETOUR
Prosegue l'iniziativa del Cineclub Detour per far arrivare al pubblico quelle opere cinematografiche che non hanno trovato distribuzione. Si tratta spesso di opere prime che, in questo modo, possono essere viste e giudicate direttamente dal pubblico. Stasera e domani, alle 21,30, è in programma la proiezione di "A gennaio" opera prima di Luca Calvanelli, quarantenne architetto romano che ha portato sullo schermo la storia di un difficile rapporto d'amore tra un intellettuale tedesco e una fotografa napoletana. Dopo la proiezione di domani è previsto l'incontro con l'autore.
ALAINS RESNAIS A VILLA MEDICI
Ultimo weekend di programmazione per la retrospettiva dedicata al cineasta francese Alain Resnais: sei cortometraggi e undici lungometraggi dagli esordi ad oggi proiettati in pellicola in lingua originale con sottotitoli in italiano fino a domenica 21 gennaio. Stasera, ore 20, "Mio zio d'America" con Gerard Depardieu, premiato al Festival di Cannes e premio David per la sceneggiatura. Domani invece è la volta di "La vita è un romanzo" con Fanny Ardant, Vittorio Gassman e Geraldine Chaplin, tre epoche e tre storie che si intersecano in un castello da favola. Infine per l'ultimo giorno della rassegna è previsto un doppio appuntamento domenica con due film proiettati alle 18 e alle 20. Si comincia con "Melò" con Pierre Arditi e Fanny Ardant, intricata storia d'amore e morte che unisce le storie di due amici violinisti in un classico amor fou. Si chiude con "Voglio tornare a casa" con Gerard Depardieu e Micheline Presle.- Accademia di Francia a Villa Medici, stasera, domani e domenica, viale Trinità dei Monti 1, info 06/67611, ingresso 5 euro.
------------------------
http://www.repubblica.it
Fino al 25 gennaio nel capoluogo giuliano lungometraggi,
corti e documentari di registi blasonati e delle nuove leve
L'Europa dal Baltico al Mediterraneo
nel cinema del Trieste Film Festival
di ELENA DE STABILE
I fermenti sociali e culturali dell'Europa, dal Baltico al Mediterraneo, sono al centro della diciottesima edizione del Trieste Film Festival, dal 18 al 25 gennaio. Un viaggio per immagini nel cuore della nuova Europa, così come viene ritratta dai cineasti più blasonati e dalle nuove leve di talento, cresciute nelle scuole di cinema dei diversi paesi, con un'attenzione speciale alle due "debuttanti" dell'Unione Europea, Romania e Bulgaria. La diciottesima edizione è un traguardo di tutto rispetto per una manifestazione che ha scelto di fare sistematicamente il punto su un cinema ancora assai poco popolare nonostante i risultati sempre più lusinghieri nei festival internazionali - spiega Annamaria Percavassi, direttrice artistica dell'evento - Eppure si tratta di un cinema che continua a rivelarsi vivo, coraggioso, denso di fermenti e di talenti nuovi, molto spesso provocatorio, innovatore e turbolento come le vicende dell'area europea di cui si fa sincero testimone". Il festival è strutturato su alcune sezioni portanti (i concorsi internazionali e le scuole di cinema), abbinate a eventi speciali e rassegne monografiche. Nell'edizione 2007, a essere sotto i riflettori sono soprattutto le cinematografie di Romania e Bulgaria.
"Oggi il cinema bulgaro ha raggiunto una nuova maturità - afferma la Percavassi - un film in ciascuna delle sezioni competitive, tre autori e un'intraprendente produttrice presenti al festival ci aiuteranno a conoscere questa rinascita e a capirne le ragioni". Lo stesso dicasi per la Romania, con due lungometraggi di fiction in concorso, che riportano all'epoca della dittatura di Ceausescu e alla sua fine e che fanno parte di una trilogia su potere, rivolta civile e società.
Al regista albanese Kujtim Çashku, fondatore e direttore della nuova scuola di cinema e del festival internazionale dei diritti umani di Tirana, viene assegnato il premio Cei. In programma anche omaggi e retrospettive, come quella dedicata al regista triestino Franco Giraldi (con proiezioni e un incontro con la partecipazione di Callisto Cosulich e Tullio Kezich) e al cineasta svizzero Fredi M. Murer, ma anche allo scrittore tedesco e triestino d'adozione Veit Heinichen.
Alle tre sezioni competitive partecipano dieci lungometraggi, 16 corti (provenienti da 11 diversi paesi) e ben 24 documentari, rappresentativi dell'area geografica che va dai Balcani al Baltico, con un'attenzione speciale a temi di investigazione sociale. "Il concorso dei documentari - aggiunge la direttrice artistica del festival - con l'autorevolezza delle testimonianze reali conferma e rafforza il ritratto non certo rassicurante né consolatorio della moderna scietà europea, dipinto senza veli dalle fiction degli altri due concorsi o della rassegna Update Deutschland". Inaugurato dalla proiezione in prima italiana del film "Transylvania" di Tony Gatlif con Asia Argento e Amira Casar, il Trieste Film festival chiude con "Iklimer", l'ultima opera del regista turco Nuri Bilge Ceylan. (19 gennaio 2007)
4 – IL SERIAL "UGLY BETTY" LODATO DURANTE IL CONGRESSO AMERICANO! "ABBATTE LE BARRIERE CONTRO I LATINO-AMERICANI IN PRIMA SERATA"…
Da “Telefilm Cult” (http://telefilmcult.blogspot.com/) - Non capita certo tutte le volte che un telefilm sia oggetto di discussione - in questo caso addirittura di applausi - da parte del Congresso americano. Eppure è successo con "Ugly Betty", fresco vincitore di due Golden Globes (miglior serie-commedia e miglior attrice comica, America Ferrera). Mercoledì scorso, il membro del Congresso Hilda L. Solis, al suo terzo mandato in rappresentanza della California, ha preso la parola per lodare pubblicamente il telefilm e la Ferrera per la recente affermazione ai Golden Globes e per sottolineare il valore della serie tv nel promuovere l'immagine positiva dei latino-americani nella cultura popolare. "Signor Presidente - ha esordito la Solis rivolgendosi al vertice del Congresso - mi alzo in piedi per congratularmi con America Ferrera e tutto il cast di 'Ugly Betty' per la vincita dei Golden Globes. Attraverso il suo lavoro, la Signora Ferrera ha abbattuto le barriere della prima serata per i Latino-americani. E' un esempio da seguire in America: 'Ugly Betty' aiuta ad abbattere gli stereotipi e funge da modello per le nuove generazioni". La protagonista di "Ugly Betty", America Ferrera, è figlia di genitori dell'Honduras e ha dichiarato a "Usa Today": "il telefilm ha successo perchè accende i riflettori sugli aspetti inediti dei Latino-americani".
(Agi) - Processioni, feste patronali, palii, canti e balli, fiabe, dialetti. Un immenso patrimonio culturale di cui l'Italia e' ricca, e che verra' valorizzato attraverso la promozione culturale e turistica per rilanciare nel paese la consapevolezza dell'importanza di tradizioni secolari. Con questo obiettivo il Ministero dei Beni Culturali ha istituito un comitato scientifico presieduto dal sottosegretario Danielle Mazzonis, per censire e valorizzare tutto il cosiddetto ''patrimonio immateriale'', stilando una lista di 15-20 ''eccellenze'' in vista dell'ormai prossima adesione dell'Italia alla Convenzione dell'Unesco per la Salvaguardia del Patrimonio culturale Intangibile. Censire, studiare ma anche divulgare, attraverso una ''spettacolarizzazione'' dei numerosi eventi che si svolgono nel corso dell'anno in tutto il nostro territorio.
Per questo il ministro Francesco Rutelli, che ha presentato oggi all'Ara Pacis l'iniziativa, ha voluto a fianco Maurizio Costanzo, che gia' per la primavera nella capitale dara' vita a un primo evento in un teatro romano per accendere le luci dei riflettori su alcune delle tradizioni e delle feste popolari piu' importanti e ricche di storia. ''Il nostro - ha detto Rutelli - e' un tentativo ardito ma indispensabile: conciliare cioe' l'attivita' scientifica di studio, tutela e valorizzazione del nostro patrimonio immateriale con uno sforzo di divulgazione per il grande pubblico''. Un pubblico che nelle singole realta' si mostra ancora molto legato alle tradizioni culturali: ''Sono piu' di quanto si pensi - ha sottolineato Rutelli - i ragazzi con l'orecchino e l'I-pod che fanno a cazzotti per indossare la divisa di una festa popolare, portare ceri o la statua di un santo, partecipare a riti e processioni''. La valorizzazione di queste tradizioni sara' possibile, ha ricordato Rutelli, anche grazie a una norma contenuta in Finanziaria che equipara ''le associazioni che operano per la realizzazione o che partecipano a manifestazioni di particolare interesse storico, artistico e culturale legate agli usi ed alle tradizioni delle comunita' locali'' ai soggetti esenti all'imposta sul redito delle societa', con una defiscalizzazione complessiva di circa 15 milioni di euro annui.
-----------------------------------
QUANTE FOTOGRAFIE NEI «CUORI» DI RESNAIS…
Pochi sanno che nel 1954 quello che sarebbe diventato un famoso rivoluzionario, Ernesto Che Guevara, si manteneva facendo il fotografo ambulante. O che Alain Resnais, 84 anni, grande vecchio del cinema francese e regista di “Cuori”, film che da tre mesi è in programmazione nei cinema, usa la macchina fotografica per immortalare i luoghi che poi diventeranno le scene dei suoi film. Queste e altre curiosità si trovano nel volume “Io non sono fotografo...” di Elvire Perego e Robert
Delpire, pubblicato dalla Contrasto. Una carrellata sui protagonisti degli ultimi due secoli che hanno intrattenuto con la macchina fotografica un rapporto privilegiato: pittori (Picasso, Matisse, Gauguin, tanto per ricordarne alcuni), poeti (Rimbaud), scrittori (Malaparte, Strindberg, Zola) e altri personaggi che amavano tuffarsi nel buio della camera oscura per trovare un altro modo di esprimere la propria identità.
(Adnkronos) - 'Pace fatta' fra l'Associazione del Cinema Giovani e il Museo Nazionale del Cinema di Torino i cui presidenti, Gianni Rondolino e Sandro Casazza, insieme al sindaco Sergio Chiamparino, hanno firmato una lettera di intenti che mette fine alle polemiche dell'ultimo mese sul Torino Film Festival e che riapre la strada per una possibile direzione della manifestazione cinematografica di Nanni Moretti.
L'annuncio della firma del documento, approvato all'unanimita' dall'Associazione, e' stato dato questo pomeriggio in una conferenza stampa in Comune al termine della quale Rondolino ha annunciato le sue dimissioni dalla carica di presidente dell'Associazione definendole, nonostante l'invito del sindaco e di Casazza a ripensarci, irrevocabili. ''Sono stanco'', ha detto Rondolino.
Dagospia 18 Gennaio 2007
--------------------------------------------
Il Messaggero Martedì 09 Gennaio 2007
di PATRIZIA SALADINI
ROMA - Alla faccia della sperimentazione e dell’innovazione. Ballarò, dopo aver percorso la strada dei corsivi televisivi, dei corti (con registi di tutto rispetto), degli spot (superpremiati anche all’estero), ora si dà al cinema. Una scelta rischiosa ma azzeccata perché è proprio vero che l’aspetto socio-politico di questo nostro Paese è possibile raccontarlo anche ironizzando con garbo come avviene in Viaggio in Italia-Una favola vera. È il titolo dei ventuno “minifilm” prodotti da Ballarò e dalla Lotus Production di Marco Belardi in onda per quattro minuti al termine di ogni puntata del programma. Diretti e scritti da Paolo Genovese e Luca Miniero hanno come protagonisti Licia Maglietta e Antonio Catania (gli stessi di Pane e Tulipani e Miniero, a tale proposito, chiede scusa a Soldini: «Sembra un sequel del suo film ma non lo è») e altri attori come Vittoria Belvedere, Veronica Pivetti, Francesca Inaudi, Rosalia Porcaro, Claudio Amendola, Nino Frassica, Sebastiano Somma, Palo Hendel che hanno garantito la loro partecipazione per “amicizia”.
Il racconto è quello di un viaggio, appunto, di Chiara (la Maglietta) e Piero (Catania) sposati e separati che da Milano, con l’auto di lui, devono raggiungere Stromboli per il matrimonio della figlia Margherita (la Inaudi). La lunga “marcia” è il regalo di nozze chiesto dalla ragazza. Di città in città Chiara e Piero (lei di destra, lui di sinistra) vengono a contatto con diverse realtà e modi di arrangiarsi: descrizione esatta di una società nota, criticata, giustificata. Ne vengono fuori novanta minuti di commedia all’italiana che uscirà in dvd e con ogni probabilità, dice Belardi, approderà anche alle sale: «Hanno manifestato il loro interesse sia la Uip che la Lucky Red».
«Ci è piaciuto mettere insieme due Italie, di destra e di sinistra - dice Floris -. La premessa iniziale di impossibilità di dialogo non corrisponde a quella finale. Anche di Ballarò si era detto che con un governo di centrosinistra si sarebbe “sgonfiato”. Non è stato così. A Natale abbiamo chiuso con il 14 per cento, un punto di share in più rispetto allo scorso anno».
Martedì 09 Gennaio 2007
di ROBERTA BOTTARI
Dalla primavera di Praga a Hollywood. Ovvero, come raggiungere il successo senza perdere il rigore. Quanti registi possono vantarsi di aver ottenuto un simile risultato? Solo pochi talentuosi. Uno di questi è senza dubbio Milos Forman. E l’autore nato a Cáslav (Cecoslovacchia) nel 1932 incontrerà il pubblico domani sera all’Auditorium Parco della Musica (ore 21) nell’ambito di “Viaggio nel cinema americano”, gli incontri con le personalità che hanno fatto grande la settima arte negli Usa, a cura di Antonio Monda e Mario Sesti, realizzati grazie a La Festa del Cinema, Studio Universal e la Fondazione Musica per Roma.
Dopo Spike Lee, Sidney Pollack, Arthur Penn, i fratelli Coen, Frances Mc Dormand, Jane Fonda, David Lynch, Sidney Lumet e Jonathan Demme, sarà dunque Milos Forman ad ammaliare gli spettatori romani, raccontando come, dopo essere emigrato in America, sia riuscito a diventare uno dei registi più premiati e acclamati dalla critica nel ventennio 1970-1990. E come, rimanendo legato allo stile europeo di un cinema di contenuto, abbia saputo trasportare nei suoi lavori anche lo spettacolo con la esse maiuscola, proprio di Hollywood. Parliamo di film come Taking off (1971), Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975) con un grandissimo Jack Nicholson (la pellicola si aggiudicò 13 Oscar), del musical pacifista Hair (1979), di Ragtime (1981) e di Amadeus (1984), che portò a casa 8 Oscar. Non c’è epoca che il grande regista non abbia rivoltato come un calzino, alternando una lucidità spietata a un humour denso di inconfessabile disperazione. E non c’è potere dello Stato del quale non abbia messo in luce la vocazione repressiva (dal socialismo reale in Gli amori di una bionda, alla democrazia americana di Larry Flint).
Ma c’è di più perché, alla vigilia dell’uscita nei cinema del suo nuovo film, Goya’s Ghosts, interpretato da Javier Bardem e Natalie Portman, Forman commenterà assieme a Monda e Sesti alcune delle più belle scene dei suoi film (scelte dall’autore con i curatori), che scorreranno sul grande schermo della Sala Patrassi. Gli spettatori che parteciperanno all’incontro, non solo avranno la possibilità di sentirlo parlare di se stesso, del suo lavoro, delle idee che lo animano e dell’intreccio irripetibile di biografia e finzione che costruisce l’identità di coloro che lavorano nel cinema, ma avranno anche la possibilità di rivolgersi direttamente al regista, con qualche domanda.
Dopo il successo delle passate stagioni, il ciclo di incontri per “Viaggio nel cinema americano” continuano dunque anche quest’anno e, fra i molti artisti contattati, hanno già accettato Terry Gilliam (in programma il 3 marzo), Ethan Hawke (19 marzo) e Michael Cimino (16 aprile).
Luca Telese per “Il Giornale”
E ora Walter gira l’Italia, accompagnato da due spalle come Gandhi-Ben Kingsley, o il Grande Dittatore-Charlie Chaplin, da compagni di viaggio come Martin Luther King o Barack Obama. Che il cinema sia «la continuazione della politica con altri mezzi», Walter Veltroni ci ha abituato a pensarlo da tempo (con lui, a essere pignoli, anche il jazz, la narrativa o le figurine possono facilmente diventarlo).
http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net
ANCONA, 2 GENNAIO 2007 - Le indagini della Procura di Ancona non si fermano e portano alla luce nuovi filmati hard che hanno come protagonisti giovani studenti. Dopo i video di una tredicenne anconetana filmata con il videofonino mentre fa sesso con piu' minorenni, le nuove immagini, (estranee alla ragazzina anconetana) fanno vedere scene osè girate durante gite scolastiche di istituti superiori della zona.
Sono una decina i giovani tra i 14 e i 17 anni su cui gravano le ipotesi di reato piu' pesanti, cioe' la violenza sessuale su una minore di 14 anni e la produzione, divulgazione e commercializzazione di materiale pedopornografico.
JAMES CAMERON TORNA AL LAVORO CON “AVATAR”, FANTASCIENZA IN 3-D…
Alla fine ha deciso. Dopo oltre dieci anni dal colossale successo di “Titanic”, il regista James Cameron torna dietro la macchina da presa per un film di fantascienza tratto da una sua sceneggiatura originale: “Avatar”.
I capi di Fox Filmed Entertainment, Jim Gianopulos e Tom Rothman hanno dato ieri l’annuncio ufficiale sottolineando che il film sarà – nelle intenzioni di regista e produttori – un prodigio di nuove tecnologie, girato in 3-D, mescolando attori in carne e ossa a animazioni digitali. L’uscita è prevista per l’estate del 2009.
Cameron pensava al film già prima dell’uscita di “Titanic”, all’epoca però non riteneva che la tecnologia ne consentisse un’adeguata trasposizione sullo schermo. Ma in questi anni il progresso ha fatto passi da gigante e lo stesso Cameron ha passato buona parte del suo tempo a studiare le possibilità offerte dai nuovi mezzi: “Sono stato il più indaffarato regista disoccupato di Hollywood”, ha detto scherzando, “Vi schiacceremo al muro della sala, come non vi succedeva da tempo. Il mio obiettivo è quello di riproporre agli spettatori lo stesso momento magico che la mia generazione ha vissuto con ‘2001: Odissea nello spazio’ e quella successiva con ‘Guerre Stellari’. Mi ci sono voluti dieci anni per trovare qualcosa di così interessante…”
La storia è ambientata in un futuro non troppo lontano e ha come protagonista un ex marine ferito spedito in avanscoperta sul lontano pianeta di Pandora. Lì si troverà a combattere in una guerra tra gli abitanti e finirà per innamorarsi di una di loro.
Così come aveva fatto per “Titanic”, scegliendo due attori all’epoca conosciuti ma non dei divi, nel caso di “Avatar” la scelta dei protagonisti sarebbe caduta sul 30enne australiano Sam Worthington (“Somersault”) e la 28enne Zoe Saldana (Già vista in “Pirati Dei Caraibi - La Maledizione Del Forziere Fantasma”).